La città di Roma raccontata da una romana (II): intervista

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LERNILANGO

In questo episodio di livello AVANZATO ascolterai la seconda parte della mia chiacchierata con Giulia di @romacongiuli, chiacchierata per cui ho selezionato delle frasi di un libro su Roma e le ho lette a lei, chiedendole di commentarle.
Attraverso i suoi commenti Giulia ci racconterà la sua città, Roma: cos’è il disincanto che si prova a Roma? Cosa significa che Roma è dolce e amara? Cos’è il cinismo romano?
Queste sono delle domande le cui risposte troverai in questo episodio.

Lingua italiana insieme
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La città di Roma raccontata da una romana (II): intervista
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Trascrizione

Introduzione

In questo episodio di livello AVANZATO ascolterai la seconda parte della mia chiacchierata con Giulia di @romacongiuli, chiacchierata per cui ho selezionato delle frasi di un libro su Roma e le ho lette a lei, chiedendole di commentarle.

Attraverso i suoi commenti Giulia ci racconterà la sua città, Roma: cos’è il disincanto che si prova a Roma? Cosa significa che Roma è dolce e amara? Cos’è il cinismo romano?

Queste sono delle domande le cui risposte troverai in questo episodio.

Trascrizione

Ci siamo, come detto nell’episodio del podcast dello scorso mese, oggi ti farò ascoltare la seconda parte della mia chiacchierata su Roma con Giuli.

Questa chiacchierata contiene termini molto avanzati e strutture del parlato, della lingua italiana parlata e colloquiale, in alcuni punti, inoltre, ci saranno delle frasi in dialetto: per queste motivazioni ti consiglio di scaricare la trascrizione dell’episodio che trovi sul nostro sito lernilango.com, trascrizione che ti aiuterà a comprendere molto meglio la nostra chiacchierata.

Ti lascio ora alla seconda parte dell’intervista, e ti invito ad ascoltare la prima parte per comprendere meglio ciò che ascolterai oggi.

Simona: ci siamo, sta registrando, allora, vediamo, la leggo dall’inizio.

Fino a quel giorno di maggio come tutti i romani, oltre che nella domenica mattina, avevo cercato il cuore di questa città traditrice per le sue strade, annusando gli odori dell’erba che in estate si mescola al cemento, lasciandomi guidare dal suono dello zampillio gocciante attraverso il becco in ghisa di quelle fontanelle che chiamiamo nasoni, impazzendo per i colori dei sanpietrini che nessuno sa definire. Avevo cercato Roma nelle vie del centro e anche in quelle periferiche, sabbiose, pasoliniane, nel suono del traffico, in quello della canzone popolare, nelle grida dei mercati e nei cicalecci di tavolate imbandite, quando viene il tempo che sempre viene, e sempre deve venire, per la festa. Ero certo che se davvero esisteva un io di questa città che amiamo per morirne doveva trovarsi in un’immagine perfetta per i nostri cinque sensi, quando si dichiarano trionfanti nonostante la sconfitta, visto che sono l’amarezza e il disincanto nel momento in cui ci si concede il dolce vivere che fanno di Roma una città davvero immortale. Così quell’immagine per me era un’immagine in corsa mia madre che guida la sua 500 sotto l’arco di Costantino, come si faceva fino ai primi anni 70, io e mia sorella che apriamo il tettuccio della macchina mentre sobbalza sull’antico selciato e gridiamo verso i pini del Palatino, mia madre che ride e ci dice che è pericoloso e ci obbliga a sederci, il sole caldo della primavera inoltrata, una bellezza che deve sempre arrivare e che, ne siamo sicuri, arriverà, e arriverà e dovrà ancora arrivare, e invece no, si torna a casa. Era l’immagine di quella amarezza, di quella felicità effimera e per questo divina su cui ogni romano deve imparare a sorridere, ad alzare le spalle, a fare un commento cinico e distaccato con la commozione a fior di pelle e lo sguardo bonario, e infine la battuta di spirito pronta. Ma quell’immagine non era nulla rispetto al fiume in cui quella domenica del 2009 finalmente riuscì ad immergermi…

Allora commento a questa frase, cioè qual è il punto? Il punto è che lui ha fatto questa scorrazzata con la madre, ricorda questa scorrazzata in 500 con la madre, passano sotto l’arco di Costantino, quindi un’esperienza bellissima, lui sente che sta per arrivare il momento più bello perché ha messo la testa fuori dal tettuccio e la madre gli dice no, fermo torniamo a casa, quindi no, bellezza, okay è finita, non possiamo andare avanti, disincanto. Vabbè come commentiamo questa cosa legata a Roma, è vero? Che mi dici? Che ti viene in mente?

Giulia: questo pezzo mi ha emozionata perché esprime tanto di quello che ho provato anche io in molti momenti a Roma, ci leggo un disincanto che è comunque insito proprio nell’esperienza della bellezza a Roma, cioè è proprio quella bellezza che vede sempre arrivare, arrivare e arrivare perché non è mai finita lì, è difficile da mettere in parole, è stato veramente toccante questo passo.

Io il disincanto lo vedevo non solamente nel fatto che magari non poteva, appunto doveva rientrare cioè dentro la macchina perché era pericoloso stare fuori dal tettuccio, ma lo leggo proprio come un sentimento che si prova di fronte alla bellezza di Roma, cioè una bellezza che non è mai, non la puoi mai contenere davvero, cioè in una città medievale, a misura d’uomo, tu ti senti in uno spazio in cui tu puoi veramente cogliere il massimo di quella bellezza, in una città come Roma ti sfugge, non è carpibile, e anche tutte le esperienze che puoi fare in mezzo alla strada ascoltando le persone chiacchierare in quei momenti di festa che arriva sempre, è vero, non è veramente afferrabile e questo scrittore poi dovrà scendere al fiume come mi raccontavi…

Simona: andrà all’Anaconda, certo, in questo luogo fuori dal tempo, a Roma…

Giulia: è un passo troppo difficile, non saprei come commentarti, cioè è tutto lì, lo ha detto…

Simona: questo cinismo no, il concetto di cinismo da spiegare meglio, perché, com’è, c’è una bellezza così grande, ci sono, la sto per prendere, me la tolgono, mia madre mi dice di rientrare dentro, Roma è così bella…non posso farla tutta, ritorno dentro, vabbè, battuta cinica, di spirito, e che te devo di’, arriva la freddura, no, la battuta non so, è complesso…

Giulia: è quello che ti volevo dire io…

Simona: è complesso, la vita umana sostanzialmente no?

Giulia: sì, è una bella metafora della vita Roma…

Un po’ io perdendomi per Roma e facendo questa esperienza ho proprio capito che la città può essere una metafora della vita, cioè quello spazio in cui noi facciamo esperienza del mondo, è quello spazio che ci è dato per fare esperienza del mondo perché altrimenti non è, come esseri umani cioè dobbiamo essere calati in un luogo, non possiamo essere in tutto il mondo, nonostante potenzialmente potremmo essere ovunque, potremmo girare e poi nel mondo globalizzato ancora di più, però la città è quello spazio in cui accadono cose, incontri persone, la vita si muove, ed è quel piccolo frammento di mondo che ti permette di incontrare l’altro. Secondo me il disincanto romano è questo senso di bellezza irraggiungibile, e poi il cinismo sono connessi in maniera molto profonda, perché se da un lato Roma è una città del cuore, cioè i romani sono persone de core, sono anche molto cinici, perché quando tu prendi consapevolezza di cosa vuol dire amare, quando tu senti dei sentimenti molto forti ti rendi conto anche della limitatezza umana volendo, ti rendi conto che, ti rendi anche conto della vanità delle cose materiali, diventi un po’ disincantato perché infine è inafferrabile, la senti però non…

Simona: non la puoi prendere totalmente…

Giulia: non la puoi possedere, e quindi questa cosa può causare un disincanto e una sorta di cinismo…

Anche per sdrammatizzare forse, lo facciamo come una protezione forse questo cinismo…

Simona: chissà se anche gli stranieri provano questo senso di disincanto o solo di meraviglia di fronte a Roma, non so, forse sarebbe da indagare…

Giulia: a volte mi chiedo proprio cioè se io fossi uno straniero e venissi qua, cosa proverei?

Simona: esattamente come la guarderei con occhi da non italiana, da te, da non Romana nel tuo caso, cioè è un sentimento italiano del romano questo disincanto verso questa bellezza inafferrabile? Non lo so, non lo so, è da chiedere, sarebbe da fare un’altra intervista agli stranieri per chiedere questo. Comunque, vediamo, passiamo alla prossima, alla prossima, ecco qua, qui ho semplicemente sottolineato, ho semplicemente cerchiato degli aggettivi per descrivere Roma che un po’ sono emersi già, aggettivi che sono cinica, tragica, romantica, disincantata, ironica, amara, no, sono degli aggettivi…

Giulia: tutti, confermo…

Simona: sì, sì, sì, sì, sì, sì, cinica, fammi un esempio, cioè nel senso raccontami qualcosa di cinico della tua vita qui a Roma, vediamo, raccontiamo, incarniamo in un episodio questo aggettivo.

Giulia: aspetta eh, fammi pensare un attimo…ma io lo vedo anche nella goliardia il cinismo, cioè sembrano due concetti che magari non vanno insieme, ma secondo me l’ironia romana, la goliardia, il non prendersi sul serio che è sempre un po’ amaro sotto sotto, e tante volte parlando col marmoraro oppure con appunto bottega anziani che fanno vabbè dai va’ va’, cioè dai mo’ vattene che cioè hai rotto.

Il cinismo secondo me è legato anche alla goliardia perché alla fine è come una, allora, c’è tutta questa sostanza molto potente, molto profonda, l’uomo è limitato non può veramente sostenerla a volte allora reagisce con un’ironia, quindi prendendosi alla leggera, però è sempre unioni un po’ amara, perché in realtà è quella nostalgia dell’infinito ce l’abbiamo, quindi è un’ironia che si può trasformare in un cinismo amaro, è un sorriso sempre un po’ agrodolce per questo è amara, Roma è anche amara perché ti fa assaporare il dolce poi però ti ricorda sempre che tu però sei umano, sei un mortale, sei troppo piccolo e quindi è meravigliosa, ti innalza, però ti può anche…

Simona: schiacciare…

Giulia: sì, ti può far sentire quella malinconia amara, quel senso di…

Simona: limitatezza proprio…

Giulia: sì è anche tragica, sì totalmente, perché se la tragedia è anche quello spettacolo della vita che porta a una catarsi, quindi a una purificazione dell’anima, io ci credo molto nel fatto questa città abbia una capacità purificatrice…

Simona: o distruttrice, se non sei pronto no?

Giulia: però la tragedia come, come diciamo, il sentimento del tragico è comunque un soggetto che passa attraverso il dolore per acquisire un’evoluzione, il tragico non è cioè è vero che finisce male la tragedia ma all’interno della tragedia, i personaggi evolvono e lo spettatore che si rispecchia nel dramma messo in scena comunque raggiungere una consapevolezza maggiore della vita. Roma è una città che mette in scena questo dramma.

Simona: o distrugge, potrebbe essere che distrugge e schiaccia una cosa così forte, un’evidenza così forte. Se una persona non è pronta a questa evoluzione la tragedia può solo schiacciarla secondo me, dipende in che fase della vita sei secondo me, anche questo…

Giulia: però questo effetto secondo me potrebbe essere stemperato a Roma dal fatto che è una città poi caciarona, generosa, è ferita, quindi lei stessa è una città immensa ma anche umile, quindi questo senso di schiacciamento potrebbe avvenire nel momento in cui non si riesce secondo me a cogliere poi la complessità di tutto il fenomeno, se ci si sofferma su alcuni aspetti potresti rimanere schiacciato, però la città la potenzialità te la dà di poterti, di poterti in qualche modo evolvere secondo me…

Simona: o magari ti schiaccia se ti isoli, se ci si isola…

Giulia: ti può schiacciare se ti isoli, se non fai più esperienza del posto e delle persone che lo abitano…

Simona: e infatti qui c’è un episodio che viene riportato nel libro che secondo me è proprio esemplare per…la storia di un suicidio, una donna che si lancia nel fiume che nel, no aspetta no, no, no, no, no, dov’è, dov’è?

Pensavo a quel mattino invernale in cui chiuso nell’abitacolo dell’automobile e sotto una pioggia incessante a un tratto il cielo si era schiarito e mentre percorrevo ponte Garibaldi in direzione Trastevere vidi un vecchio poggiato alla ringhiera (del fiume Tevere, ovviamente). Stava lì immerso nei suoi pensieri e un tipo che passava in motorino lo scosse. Oh, ma che stai a fa’? Gli gridò ridanciano (cioè, Oh, ma che stai facendo?) Nun ce pensa, buttate (non ci pensare buttati). Ecco Roma. Ecco i romani: la battuta assassina per uccidere la tragedia, il disincanto per farsi beffe della disperazione.

Quella volta mi era parso tutto chiaro e invece no, ero ancora lontano da cogliere l’essenza di questa città…

Comunque, cioè questo episodio, secondo me, è singolare della città di Roma, nun ce pensa’, buttate!, cioè una situazione tragica, un uomo sta per suicidarsi dal Tevere, tu gli passi davanti dai non pensarci, buttati nel fiume, vai a morire! In dialetto dai nun ce pensa’, buttate!

Giulia: che poi in realtà è chiaramente ironico…

Simona: è ironico ma è amaro allo stesso tempo no?

Giulia: è ironico ma amaro ma secondo me questa cosa ti distoglie dall’ucciderti davvero, cioè ecco, forse a quel punto ti viene da farti una risata…

Simona: forse ti aiuta…

Giulia: ti fai una risata perché dici vabbè, ma che sto a fa’?

Simona: ma che sto a fa’? La vita è bella, è leggera dai!

Giulia: esatto, cioè, guarda questo che me viene a di’ de buttarme ma io non me butto nemmeno più (ma guarda questo che mi viene a dire di buttarmi ma io non mi butto più).

Simona: okay, bene, quindi questo episodio esplicativo vediamo che cosa ho selezionato più che mi ha segnata di questo libro.

Allora vediamo, leggiamo…

Che fogna questa città, lo dicono in tanti e sì hanno ragione, perché a Roma si affonda, si affonda nel presente che è eterno, eternamente effimero, eternamente passato, ma mai inutile, passato e defunto come la grande conquista progettata, attesa e realizzata, affondare, affondare sempre di più, nelle trattorie, nei bar, giocando a carte, calpestando i sanpietrini e lasciandosi trascinare dagli zampilli dei nasoni. Se il resto va a rotoli è proprio perché tutto il resto, come fosse nulla, vola via.

Bella anche questa eh? Affondare nel presente, se tutto non ha senso, se tutto va a rotoli e è in uno sfacelo totale, abbandoniamoci al presente, sostanzialmente è questo no, che, come commentiamo questa cosa?

Giulia: sì, mi fa pensare a tante cose, diciamo che il fatto che Roma sia una città che va a rotoli e quindi nella quale tu puoi affondare, con la quale tu puoi affondare insieme, ti immerge in questa essenza della vita, in un certo senso, chi immerge in, nel presente che è eterno. Ecco, qua mi viene anche in mente Seneca, mi viene in mente il concetto di presente come attimo eterno nel quale le possibilità sono infinite tendenzialmente, è difficilissimo, questo è concettuale, è filosofico capisci?

Simona: cioè sono, sembrano frasi cioè semplici ma c’hanno una complessità dietro…

Giulia: è che sono molto vere, sono molto vere e quindi…

Simona: cioè mai ho trovato un libro come questo che descriva una città in modo così vero, cioè neanche le guide turistiche più approfondite e dettagliate, io non ho mai trovato questa descrizione di Roma, che dopo aver, cioè l’avevo percepita, ho trovato queste mie percezioni di Roma in parole in questo libro, sono tornata a Roma e le ho vissute ancora di più, cioè veramente è complesso.

Giulia: mi viene da dire forse questo…allora è una città sfarzosa in alcuni ambiti, per alcuni versi, quindi entri in una chiesa è barocca, d’oro, quindi la ricchezza spropositata veramente…

Simona: eccessiva…

Giulia: poi però, poi però, che ne so, e comunque c’è il muro scrostato, e comunque c’è la pietra rotta da una parte, cioè c’è qualcosa che non funziona sempre, in uno spazio romano è raro che non ci sia quel dettaglio che ti fa sempre ricordare che sei a Roma, che c’è qualcosa che comunque è imperfetto esci dalla chiesa e magari la chiesa dentro è meravigliosa fuori è un po’ decadente, oppure esci davanti al Colosseo, c’è l’immondizia sparsa per terra e dici Ma com’è possibile un contrasto di questo tipo?, è come se questa bellezza fosse stemperata, anche perché comunque la Roma dell’antica Roma era una città ricoperta d’oro, di bronzo, era una città ricoperta di marmi colorati che noi oggi vediamo spoglia, vediamo bianca, se pensiamo ai Fori, per esempio, quindi è una città che si è spogliata di questa grande ricchezza accecante. Quindi è come se fosse, alla fine si fosse ridotta all’essenza, cioè quello che non poteva più essere tolto, cioè è rimasto, è rimasta l’anima del monumento, è rimasta appunto la struttura portante, non c’è più il marmo pregiato che la riveste, e questa è una sensazione che si può provare spesso a Roma, cioè a volte proprio i palazzi sono di mattone grezzo, poi sul quale si innesta un altro palazzo magari più moderno, quindi è un continuo contrasto che però ti fa capire come è una città che non se la tira secondo me, cioè è una città che non se la tira per niente, non ti fa sentire…

Simona: non c’ha la puzza sotto il naso Roma, questo è sicuro…

Giulia: e questo fatto che è essenziale ti fa affondare in un presente secondo me, perché la sostanza rimane lì…

Simona: e vivi un eterno presente…ma anche connesso un po’, perché qui parla anche di sfacelo no, cioè al fatto che magari, che è un po’ diciamo il mood un po’ tutto italiano, ma non so se di tutta l’Italia ti dirò, non so se questo magari è più il mood da Roma in giù dell’Italia no, c’è un po’ di cose che non funzionano e molte volte ti senti impotente e dici Ma che devo fare? Cosa posso fare?, e non sai effettivamente cosa fare nei confronti dello sfacelo che, perché ci sono insomma delle forme di sfacelo in queste aree d’Italia da tanti punti di vista, ora non li commentiamo, allora dici Mado’ tutto va a rotoli, c’è uno sfacelo, mi sento impotente, che fare? Come dice qui abbandonarsi a questo eterno presente e mi piace il verbo affondare no, affondare nei bar, affondare nelle osterie, affondare nelle sale da gioco, cioè proprio come una sorta di immersione diciamo, una sorta di immersione così nella fogna perché ha parlato di fogna, un posto brutto sostanzialmente, puzzolente, perché una fogna è puzzolente, però che alla fine ti fa immergere in questo presente e ti fa stare bene, perché le persone che stanno qui e forse questo è il lato un po’ amaro e oscuro del cosiddetto dolce far niente italiano no, secondo me…

Giulia: e, ci puoi affondare e effettivamente rimanere un po’ infangato, un po’ impantanato…

Simona: impantanato in questo eterno presente…

Giulia: che poi alla fine magari non riesce nemmeno più a cogliere quel presente, semplicemente ti lasci cullare da questa sensazione di negligenza, cioè pigrizia anche, può anche essere una pigrizia esistenziale, un senso di noia alla Moravia, più o meno, cioè un senso di noia nel senso che non è sicuramente una città che ti spinge ad essere magari proattivo o produrre come può essere una città del nord in cui sei stimolato a realizzare qualcosa che sia efficiente, o che sia un prodotto…

Simona: non c’è operosità, spinta all’operosità, è difficile trovarla…

Giulia: no, no, è difficile, e questo forse è uno degli aspetti che fanno, che rendono una società anche a volte più complessa da vivere perché, però d’altro canto, qual è, cioè a noi cosa, dipende a noi cosa interessa, ci interessa quale tipo di vita?

Simona: esatto, è una scelta da fare…

Giulia: è una scelta di vita…

Simona: è una scelta di vita però ecco magari a volte, cosa che magari adesso sta avvenendo un po’ di più, no, da Roma in giù, me ne accorgo anche nella mia regione, nella mia città, maggiore spinta all’operosità da parte delle nuove generazioni, devo dire, e internet forse ha contribuito a questo no, ad uscire un po’ da questo eterno presente che da Roma in giù l’Italia rappresenta no, non pensi?

Giulia: mi viene da dire questo ma anche il fatto che andando avanti e sperimentando sempre di più questa vita veloce, questa vita produttiva, questa vita efficiente, magari non è nemmeno quello che ci può rendere davvero felici, quindi magari una persona spende parte della sua vita a fare delle esperienze intorno al mondo, in paesi più energici da questo punto di vista, poi però magari si sente svuotata di tutto quell’altro lato che è il lato della vita lenta, della magia, dell’amore un po’ cioè proprio autentico, di quello spirito di condivisione, anche lo scherzo, il gioco, la goliardia, e allora magari ha fatto tesoro di tutte quelle esperienze e con la capacità magari di poter lavorare in maniera, cioè sul digitale, e quindi di poter essere un po’ ovunque e poter scegliere poi in che posto vivere forse il sud sta un po’ dando questo alle persone…

Simona: esatto, esattamente, è rimasto un po’ più, diciamo un po’ più questa cosa di cui hai parlato…

Giulia: la vita fisica, la vita fisica, vera, che può essere una fogna ma può essere…

Simona: una culla…

Giulia: può essere una culla, può essere una fogna, può essere tante cose…

Simona: un grembo materno anche, se vogliamo fare la metafora del grembo materno, può essere tante cose, è vero, va bene, vediamo un po’ altre, cosa ho sottolineato qua…

Ecco qua, ecco qua, siamo arrivate a, praticamente questa cosa che ho sottolineato è connessa a quest’ultima cosa che hai detto, di Francesco Piccolo, questo estratto è di Francesco Piccolo, 39 appunti per un libro su Roma

Mi dicono: ma non è difficile vivere in una città così? Sì, è difficile, ma è entusiasmante. Muoversi dentro la nebbia della stanchezza e avere ostinazione, forza e gratitudine è come essere arrivati a un livello molto alto nei videogiochi, in quei quadri difficilissimi ancora da decifrare, e mentre ragioni già sei morto. Sono proprio quelli i momenti più belli dei videogiochi, perché ci arrivi in automatico ai livelli difficili ormai, ma lì in automatico non ci puoi stare mai, e se stai pensando ma sono in automatico? Già sei morto.

Roma non è una città in cui essere in automatico sostanzialmente no, è entusiasmante nel senso perché come hai detto non ti mette in modalità automatica, magari sì, chissà, per molte persone, però in generale secondo me è abbastanza difficile andare in automatico in una città così bella no, non pensi?

Giulia: così bella e anche in cui devi sempre darti una ragione per appunto realizzare qualcosa, cioè è una città che non ti regala proprio niente da questo punto di vista, cioè già prendere l’autobus la mattina non può essere in automatico perché non arriverà probabilmente, quindi…

Simona: devi rincorrerlo da qualche parte…

Giulia: ogni giorno devi essere pronto a organizzarti per superare il next level, il livello successivo perché sicuramente non, un aiuto da casa non so quanto arriverà, forse da casa sì, ma non dalla città, quindi è uno sforzo continuo per, anche per trovare delle ragioni per restare che sembra assurdo, però comunque tutti i romani penso che si sono chiesti a un certo punto Ma come faccio? Cioè, Come si fa a vivere qua e ad avere una vita semplice?

Magari non tutti però è una cosa che ho sentito dire molto spesso, cioè anche ragazzi della nostra età che si domandano come anche sviluppare una carriera futura, come realizzarsi, è una città che ti spinge a dover sempre trovare un modo…

Simona: per arrangiarti e cavartela…

Giulia: ti devi arrangiare e cavartela.

Simona: sono due parole molto, sono due verbi molto esplicativi secondo me, cavarsela e arrangiarsi, sono due verbi, perché no, vai in automatico in una città dove tutto funziona bene, tu sai che il pullman arriverà a quell’orario, quindi tu ti svegli, in automatico vai, ti fermi alla fermata, il pullman arriva, in automatico vai al lavoro, in automatico torni, ma qui, cioè qui no, ma come da me anche, cioè come a Bari, non è, non puoi fare una vita in automatico, è veramente una come dice lui quando arrivi ai livelli avanzati del videogioco, quelli precedenti li fai in automatico, quelli più avanzati del videogioco dove è più difficile non puoi metterti in automatico perché muori no, come dice se arrivi ai livelli avanzati e ti metti in automatico sei morto nei videogiochi, devi stare allerta, sempre attento, devi sempre capire qual è la prossima mossa ed è stimolante, secondo me anche no…

Giulia: è stimolante e come ti dicevo…

Simona: ma stancante anche a volte…

Giulia: guidare a Roma è un’esperienza che forse ti fa anche capire cosa vuol dire perché guidare a Roma è veramente la giungla, devi essere veramente sempre sul pezzo perché non sai mai cosa ti può succedere, da dove potrà arrivare un’altra macchina, un motorino può sfrecciarti accanto, rischiare la vita in ogni momento, buche, cioè…

Simona: monopattini che spuntano, biciclette…

Giulia: parco avventura, ci vuole anche spirito di sopravvivenza, per esempio se hai un appuntamento tu sai che non puoi fare affidamento su fattori esterni, servizi eccetera, dovrai cercare tu in ogni modo di arrivare lì in tempo con le tue forze e questo impiegherà magari anche dover camminare sotto il sole per chilometri…

Simona: e ultima frase che ho sottolineato, vediamo questa è una frase di Ennio Flaiano…

Se ritorno a Roma voglio incollarmici.

Giulia: questa è una cosa che sento in maniera potente, allora condividerò una cosa personale. Quando ho iniziato a fare le mie passeggiate per Roma, era un periodo abbastanza triste, un po’ perché non mi sentivo più di appartenere e sentivo questo senso di spaesamento perché il mondo digitale, il mondo virtuale, soprattutto in questi anni anche di pandemia, beh il progetto è iniziato già da prima, però già il rapporto con i social, il rapporto con il telefono, tutto questo è come se mi avesse un po’ decentrata dal mondo fisico, dal mondo poi delle relazioni, del contatto umano, e anche proprio con la città stessa, non riuscivo a trovare una chiave, non riuscivo a trovare un modo per veramente comprendere Roma. Studiando lettere classiche avevo sempre avuto anche un approccio magari più mentale, razionale, la storia, gli avvenimenti, però non sentivo mai, non sentivo quell’approccio mio, non lo sentivo come appartenente alla mia interiorità, quindi soffrivo tantissimo, la verità è che soffrivo tanto perché non riuscivo a godermi il fatto di essere a Roma, non riuscivo a cogliere la bellezza, e quando ho iniziato a fare queste passeggiate è iniziato quasi in maniera naturale perché non c’era un vero motivo per cui io mi dovessi perdere, cioè non, è semplicemente, ho seguito un richiamo, ho seguito, era l’unica cosa che potevo fare, cioè l’unica cosa che potevo fare per ritrovarmi, cioè tramite la città ho ritrovato me stessa che è una grande, cioè è un lavoro che durerà forse tutta la vita, però ho scoperto che questo poteva essere un modo.

Simona: la tua vera essenza sostanzialmente, ti sei incollata alla città, cioè cosa vuol dire incollarsi, descriviamo questo, cioè…

Giulia: questo vuol dire, vuol dire che quando io facevo queste passeggiate ero triste e a Roma, dentro Roma mi sono sentita accolta, mi sono sentita che questa città empatizzava, mi sentivo in linea con quello spirito e mi ricordo che avevo scritto vorrei sprofondare nel cemento, vorrei sdraiarmi e far parte della città, aderire e far parte della città, questa cosa di appunto incollarsi io l’ho sentita proprio come un, l’ho sentita anch’io, cioè l’ho sentita proprio,  diventare parte, scioglierti dentro l’asfalto e scomparire qua dentro, è una cosa che non so perché ma mi stupisce che io proprio son tornata, cioè mi sono fermata un giorno che stavo per strada, mi ricordo come fosse ieri, col mio taccuino e mi sono scritta questa cosa, era una poesia che poi questo taccuino l’ho perso, quindi l’ho scritto proprio ho detto vorrei sprofondare…

Simona: sciogliermi nell’asfalto…

Giulia: scomparire nell’asfalto, cioè aderire totalmente, diventare parte.

Simona: diventare parte è questa la cosa no, cosa che ci, di nuovo, con questo staccarsi dai luoghi, di questi social che sono una benedizione e una maledizione ma ormai si sarà capito che in tutto quello che diciamo io e Giulia vediamo sempre la maledizione e la benedizione di tutto, e questi social hanno la grande maledizione di proprio farci staccare, non appartenere più a niente, scollarci dalle cose, invece dobbiamo ricominciare ad accollarci, no incollarci, a accollarci ha un altro significato…

Giulia: toccare le cose, sdraiarci sull’erba, fare esperienza fisica anche, e anche proprio aprirci a quello che può portarci questa esperienza, perché a volte abbiamo anche un po’ paura…

Simona: vero, quindi vi diamo questo consiglio a tutti e a tutte, cioè incollatevi, quando venite a Roma incollatevi alla città, incollatevi completamente a Roma, ma qualsiasi posto Roma, Bari, qualsiasi luogo, anche casa vostra, qualsiasi città, paese, villaggio vivete cioè incollatevi a tutto, vero?

Giulia: sono d’accordo.

Simona: bene Giulia grazie bello, è stato una bella, un bel viaggio, questi commenti a queste frasi, bello.

Giulia: grazie per la condivisione.

 

Conclusione

Bene, questo piccolo viaggio, un po’ diverso dal solito, alla scoperta di Roma termina qui. Speriamo io e Giulia di averti dato una prospettiva diversa da cui guardare la città eterna.

Grazie per il tuo ascolto, ci sentiamo il prossimo mese.

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