Lingua italiana insieme
Le nuove migrazioni dal sud al nord Italia: intervista
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La migrazione dal sud al nord Italia è un fenomeno che ha caratterizzato la storia dell’Italia. In passato si emigrava al nord, più industrializzato, per cercar lavoro: e oggi, nel XXI secolo, perché si emigra al nord? In questa intervista, parlerò di questo argomento con tre miei amici, una pugliese, Luciana, un siciliano, Lorenzo e un calabrese, Angelo.
INTRODUZIONE
State ascoltando “le cose italiane”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.
Per adesso buon ascolto dell’intervista “le nuove migrazioni dal sud al nord Italia: ne parliamo con Luciana, Lorenzo e Angelo”.
INTERVISTA
“Al sud non funziona niente”, “al sud non ci sono servizi”, “al sud non c’è lavoro, non c’è futuro”, “per i giovani al sud non c’è niente”, “al nord sono più civili”.
Queste frasi sono state il ritornello della mia vita almeno fino ai 25 anni, ritornello che gli altri mi ripetevano quando si parlava del sud e che io stessa ripetevo quando qualcuno mi chiedeva “perché sei andata a Siena a studiare e non sei rimasta a casa?”.
Se qualcuno però all’epoca mi avesse chiesto di argomentare meglio le mie risposte chiedendomi “in che senso non funziona niente?”, “quali servizi non ci sono al sud?”, “come fai a sapere che non c’è lavoro?”, “in che senso non c’è niente per i giovani?”, “cosa vuol dire essere civili?”, ecco se mi avessero chiesto tutte queste cose io non avrei saputo rispondere, e non avrei saputo rispondere perché non ho mai messo in discussione o approfondito il ritornello che mi sentivo ripetere e che ripetevo, ritornello che credo di aver semplicemente ereditato come ho ereditato la mia lingua madre.
Ho lasciato il sud senza sapere assolutamente niente del sud, e l’ho lasciato perché come gran parte della mia generazione volevo fare un’esperienza, volevo viaggiare, volevo conoscere luoghi e persone nuove, perché nel paese dove sono cresciuta mi sentivo molto limitata, perché la vita che volevo per me era rappresentata in film ambientati in città che non erano al sud (neanche in Italia, in realtà).
Ma questo posso dirlo adesso, all’epoca avrei detto “ho lasciato il sud perché qui non funziona niente, non c’è lavoro, non ci sono servizi”. Cose in parte vere, certamente, per motivi che con il tempo e con lo studio ho iniziato a capire.
Quindi nell’intervista di questo mese ho voluto esplorare proprio questo argomento delle nuove migrazioni dal sud al nord Italia, e per nuove intendo della mia generazione.
Sono partita da alcune domande: perché ce ne andiamo al nord? Cosa pensiamo realmente del sud? Quanto sappiamo realmente del sud? Volevamo solo fare un’esperienza o i motivi per cui ce ne andiamo sono reali?
Per rispondere a queste domande ho intervistato tre miei amici, una pugliese, Luciana, un siciliano, Lorenzo, e un calabrese, Angelo.
Adesso vi faccio ascoltare cosa mi hanno risposto, in modo tale che anche voi possiate farvi un’idea di queste nuove migrazioni dal sud al nord Italia, e nel frattempo ascoltare anche accenti regionali diversi.
L’ordine dell’intervista è il seguente: io faccio la domanda, Luciana risponde per prima, poi, in ordine, rispondono Lorenzo e Angelo.
Quindi, fatta questa breve introduzione, partiamo subito con l’intervista, con la prima domanda.
INTERVISTA
Simona: Perché hai deciso di andare a studiare fuori, lontano dal sud, lontano da casa?
Luciana: Allora, ho deciso di andare a studiare lontano da casa perché, per quello che era il lavoro, la professione che avevo scelto, le università della mia regione non offrivano, non davano quello che cercavo, ovvero volevo un percorso di studi che mi aiutasse, fin dalla formazione, ad avere delle buone basi e delle buone competenze, e per quelle che erano le mie informazioni sulle università del Sud, quindi più precisamente della Puglia, restare vicino casa significava affrontare un piano di studi che non era ben organizzato. Quindi sapevo della disorganizzazione e poi non, non mi piaceva, appunto, l’idea di non fare un buon percorso di studi pur di restare vicino a casa. Mentre sapevo che, andando al nord, trovavo università valide e che mi avrebbero insegnato bene il lavoro che, poi, io faccio, visto che è molto, molto pratico, oltre che le esperienze, giorno dopo giorno, di quello che puoi vedere, è importante e te lo porti come bagaglio. A questo si aggiunge la voglia di fare una nuova esperienza, della esperienza, perché a 18 anni, essendo cresciuta in un paesino, non piccolissimo, però l’idea di vederlo come una nuova esperienza, una cosa lontana da casa, ma che mi avrebbe aiutato a formarmi e a crescere, mi ha…mi è piaciuta tanto.
Lorenzo: Ehm, io vengo da un paesino piccolo, quindi avevo voglia di fare esperienze lontano da casa, provare a raggiungere una mia indipendenza e questo è stato il motivo principale per cui ho deciso di andare lontano dal sud.
Angelo: Beh, diciamo che come scelta è stata più una scelta di pancia, fondamentalmente. Quando hai 18 anni vorresti fare tantissime cose, vorresti soprattutto andare molto lontano rispetto ai luoghi che hai già visto o comunque in cui hai vissuto. Quindi diciamo che la scelta nord, poi nord come lo può intendere solo una persona del sud, perché infatti andando a studiare a Siena, in Toscana, quindi nord c’è ben poco, diciamo. Quindi è stata una scelta, diciamo, di pancia, fondamentalmente. Scegliere di andare a studiare fuori perché stanco comunque, consapevole o…consapevole è la parola giusta, del fatto che magari un territorio non potesse darti l’esperienza o comunque la formazione che magari uno pensa di voler avere.
Simona: Per quale motivo hai deciso di non studiare in una università del sud?
Luciana: Perché le, le università del sud, per quelle che erano le conoscenze, cioè di quel periodo, era che dal punto di vista…quelle proprio più vicine a casa, quelle limitrofe alla provincia di Brindisi, non erano organizzate bene per quella che era la formazione. Quindi, cioè, anche se ero a casa, vicina, a mezz’ora, tre quarti d’ora, gli ospedali non mi avrebbe dato l’esperienza grande, di un grande ospedale o di grandi casi clinici.
E dall’altra parte non erano neanche organizzate bene per quella che era la gestione proprio dei tirocinanti, oltre che il percorso formativo, proprio con tanto di appelli, professori, lezioni. L’organizzazione era proprio carente alla base, quindi la formazione all’università in sé proprio non erano eccellenti e anche, poi, quello che si presentava negli ospedali, dal punto di vista dell’esperienza pratica, non era così allettante. Quindi ho deciso di fare un percorso, ma farlo in una grande…non grande città, ma in un grande ospedale, in un punto valido per poter ampliare la formazione. Inoltre, se aggiungi…cioè se invece guardavo un pochino più in là, dell’università di Bari o Lecce, oltre a questo si aggiungeva il discorso…che magari possono avere degli ospedali più grandi, come può essere il Policlinico eccetera, però si aggiungevano altri disservizi, altre difficoltà nella, nella organizzazione, per quello che era la gestione delle borse di studio, degli alloggi, i servizi al diritto allo studio, altri servizi di, di formazione extra. Per questo non ho scelto, quindi, un’università del sud: per la poca formazione proprio pratica e teorica, ma anche per la disorganizzazione dei servizi.
Lorenzo: Ehm, principalmente la scelta della città dove studiare è stata dettata dal numero di posti disponibili per quello che volevo fare. Volevo entrare, inizialmente, in medicina, poi ho provato infermieristica e quindi la scelta di Siena era perché aveva…c’erano maggiori possibilità. Ma, in generale, avevo già deciso di andare lontano dalla Sicilia.
Angelo: Diciamo che, all’epoca, non è stata una…cioè probabilmente non era mai stata nelle opzioni, diciamo. A 18 anni non avevo mai pensato, magari di andare a studiare a, bho, Catanzaro, Reggio Calabria, o comunque Napoli o altre, qualsiasi altra città del sud, perché poi, naturalmente, io essendo calabrese, i primi punti di riferimento sono quelli, però anche ad altre università delle altre regioni; però non è mai stata una vera opzione, cioè, penso che la scelta di dire “vado a studiare fuori” abbia, automaticamente, escluso la scelta di studiare anche in città del sud che abbiano una maggiore distanza con casa mia. Anche solo per il semplice fatto di voler provare nuove esperienze o comunque di voler incontrare, diciamo, gente nuova, sembra una frase trita e ritrita, ma forse trita e ritrita non lo è, pensavo che no, non fosse la migliore delle opzioni rimanere nell’ambito geografico del sud e se avessi voluto avere, fare un’esperienza vera o comunque mettermi alla prova seriamente, sarei dovuto andare fuori. E infatti ho scelto Siena. Naturalmente, quando una persona deve iscriversi all’Università, come penso, come penso anche tu abbia fatto e come chiunque faccia, si metta un po’ a cercare le varie classifiche del Censis o comunque vari articoli, blog o qualsivoglia recensione dei vari atenei universitari sparsi per l’Italia che, naturalmente, forse anche inconsciamente possono avere, diciamo, condizionato la mia idea e la mia scelta. Però credo che, fondamentalmente, la scelta mia, personale di Siena sia stata molto più per l’esperienza, ma anche un’esperienza, diciamo, molto ingenua, molto naïf, perché io a Siena non c’ero mai stato, fondamentalmente, quindi non ero mai stato in Toscana. Quindi, diciamo che è stato, non magari scegliere con il ditino un punto sul mappamondo, però boh, le classifiche del Censis mi davano ragione sulla scelta, la città dalle foto mi sembrava carina, all’epoca la Monte dei Paschi di Siena era molto strong, quindi ho scelto Siena, un ottimo incrocio tra città e borgo.
Simona: Ma quando stavi scegliendo l’università, ti sei informata sulle università del sud o hai dato per scontato che non saresti rimasta a casa e che saresti andata su?
Luciana: Sono rimasta molto in superficie per quella che riguarda l’informazione dell’università del sud, perché mi bastava sapere che, okay non funziona benissimo, non cerco più di tanto perché poi, in me, c’era la voglia di, comunque, andare a fare fuori questa, questa esperienza, anche perché avevo degli altri feedback positivi dell’università che avevo scelto e del percorso. Quindi ero sempre più convinta che volevo andare via.
Lorenzo: Devo dire la verità, ho dato quasi per scontato che sarei andato al nord. Anche perché, in Sicilia, l’avevo totalmente esclusa, dei due poli didattici, sono quelli di Catania e di Palermo e non avevo intenzione di studiare così vicino casa. E volendo andar fuori, comunque, erano le regioni del nord che mi interessavano principalmente. Anche se, come ho detto prima, la scelta è dovuta a motivi, diciamo, universitari, più probabilistici, ecco.
Angelo: Penso che l’avrei skippata senza nemmeno pensarci su più di tanto. Cioè avrei visto…appena scritto dietro “Calabria” o comunque detto “okay no, allora no” perché, come ho detto, la prima scelta era voler andare fuori, mettersi alla prova in un ambito regionale differente, ma non per cattiveria, solo perché nella semplice idea di andare…che, cioè, che io volevo andare a studiare fuori, non era con…concepibile il fatto di, comunque, di rimanere qua. Ma non per…diciamo che, visto che poi l’italiano è sempre…si macchia sempre di esterofilia di, capi’, di “fuori funziona sempre meglio” e quindi poi, trasformandola in regionalismo “nelle altre regioni le cose funzionano sempre meglio”. È un altro grande topos questo, che i meridionali pensano che, fondamentalmente al nord, o al “norde” (come ben si dice, il norde, con la “e” finale, incredibile, perché non si riesce a tenere una sola “d”) funzioni tutto meglio e tutto sia più bello o che, comunque, qui al sud si mangia meglio. Quindi no, fondamentalmente era “voglio andare fuori”. Cioè non era una scelta, quindi…anche…forse se avessi avuto tutto pagato e servito su un piatto d’argento, quello probabilmente avrebbe cambiato le carte in tavola, però no, scherzi, a parte, penso di no. Penso che il pensiero di voler fare un’esperienza fuori dalla mia regione, sì, fosse troppo più forte rispetto alle comodità che avrebbe portato studiare vicino casa o comunque vicino alla mia famiglia o anche con minori dispendi economici, se vogliamo prendere anche quell’altro lato della discussione.
Simona: E quindi, brevemente, come descriveresti dunque la differenza tra le università del sud le università del nord? Brevemente.
Luciana: Le Università del sud peccano in, appunto, organizzazione e preparazione di servizi validi, che al…allo studente servono tantissimo: dall’università in sé a, poi, agli iter e agli stage di tirocinio. Mentre al nord, oltre ad avere, appunto, nel frattempo, l’esperienza extra-universitaria, ti vengono offerti dei servizi e una formazione abbastanza vali…molto validi e che, quindi, valgono, diciamo, l’esperienza fuori da casa.
Lorenzo: Il confronto lo posso fare adesso, da lavoratore, sulla vita lavorativa. Ho il mio migliore amico che abbiamo studiato entrambi a Siena, però lui avendo la fidanzata giù ha deciso di scendere. Io, mentre, sono rimasto al nord, e mi parla di, comunque, comunque di situazioni lavorative un po’ al limite, grosse differenze a livello di stipendi e anche una sorta di arretratezza nei servizi. Ehm se, per pensare che il servizio domiciliare qua al nord è un servizio ben strutturato e non da poco, da tantissimo tempo, mentre in Sicilia sta partendo adesso, perché per vent’anni hanno cercato di farlo partire, senza averne realmente le capacità. Penso più per motivi di natura organizzativa che per altro.
Angelo: Beh, potrei dire che, per giudicare il corso di laurea dei miei amici, abbia ben poche conoscenze, perché io essendo, diciamo…auto definirmi un letterato fa molto specie, però loro hanno fatto tutti quanti ambiti scientifici o comunque in ingegneria e cose. Quindi già, diciamo che c’è molta distanza su quanto io possa…su quanto il mio giudizio possa avere un, una fondatezza. Però diciamo che, fondamentalmente, no, cioè non trovo così tanta differenza. Poi, si sa, i racconti tra studenti sono sempre uguali, ogni studente autodefinisce la propria università o in altissimo in alcuni momenti o in bassissimo in altri. Però no, non penso ci sia…almeno con le…con i miei amici, probabilmente perché sono persone intelligenti. Però no, diciamo un po’ sì, però credo sia una di quelle differenze che sia uguale da regione a regione. Ossia, mi spiego meglio: perché queste persone, cioè questi miei amici sono andati, comunque, nella città universitaria più vicina al loro paese d’origine, quindi diciamo che il distacco da università, da andare a vivere da solo all’università o comunque iniziare a vivere da solo e con altre persone, farlo a 20/30 km da casa è un conto, farlo a 400/500 km di distanza, diciamo che probabilmente è un altro. Ti dà un maggiore senso di…mah, forse anche molto supposto eh, magari non è reale, però di individualità, andare a vivere fuori da solo, quindi la noto perché, più che altro erano…cioè molti racconti di quando dici “ah poi il weekend torni a casa o comunque quando vuoi torni a casa, festa X comandata o comunque ricorrenza” che a 400 km di distanza non calcoli più di tanto, capi’, magari quell’anniversario un po’ così, quell’onomastico un po’ colà dici “vabbè, so’ 400 km di distanza, cara famiglia, mi disp però non ci sono”. Mentre gli altri, magari essendo a 30 km, nel bene o nel male, che tu voglia andarci o non andarci, è più difficile evitare quella pallottola. Quindi sì, un po’ di differenza sì, soprattutto nei rapporti familiari e con le persone che poi rimangono nello stesso luogo.
Simona: E invece, a livello generale, se ti chiedessi di elencarmi i motivi per cui hai lasciato il sud, quali sono i motivi per cui hai lasciato il sud? In modo generale.
Luciana: In modo generale sicuramente la voglia di fare un’esperienza lontano da casa. Questa è stata la, la molla che ha fatto partire…cioè il desiderio di cambiare aria per quelli che erano i 18 anni vissuti nel contesto del paesino e quindi cambiare e andare a scoprire l’esperienza lontano da casa, perché al sud c’è la tendenza a pensare che le cose vadano male e perché purtroppo, in un buon 50%, che poi può essere attribuito al caso, può essere attribuito ai servizi davvero o altro, c’è la possibilità che le cose vadano male effettivamente. Sicuramente non è tutto negativo, come non è tutto oro ciò che luccica qui al nord, però la differenza nei servizi e nella vita quotidiana, quello che il nord mi ha, ehm, mi ha dato, cioè, nel senso cosa mi ha insegnato, non solo come studente universitario, ma proprio come persona, credo che avrei fatto fatica a far emergere componenti di me che oggi ho sviluppato e sono felice di aver scoperto, ecco. Quindi tante cose di cre…tanti fattori di crescita, che mi hanno spinto a lasciare il sud. A parte l’idea di, della, il piccolo paesino poteva ess…cioè, può essere il punto di partenza. Adesso che sono passati 10 anni, quasi 10 anni da quando ho fatto quella scelta, ti direi i servizi in generale, visto che ho anche girato diverse regioni, sì, il servizio in generale. È vero che parte molto dalla persona in sé, però è vero anche che se uno si ritrova in una collettività che funziona, cerca di dare anche lui stesso il meglio sempre, a prescindere da quanto gli impulsi che parte da dentro. Quindi sì, al sud le cose vanno male su più fronti, però non saprei neanche poi farti un elenco dettagliato perché mi confronto abbastanza poco. Cioè vivo, ormai, al nord, l’università l’ho fatta al nord, quindi mi viene difficile capire cosa c’è che non va, vedendo il sud come vacanza o famiglia, ecco.
Lorenzo: Beh, sicuramente se sei nato al sud sai benissimo che, ehm, soprattutto per quanto riguarda i servizi volti alla popolazione, c’è non solo un’arretratezza, ma anche una sorta di volontà di non cambiare le cose. Quando stai al sud sembra che cambiar le cose costi troppa fatica, quindi non valga la pena attuare questi tipi di cambiamenti e secondo me questa mentalità nuoce molto al sud. Ultimamente sto rivalutando anche il sud perché, appunto, conoscendo delle persone che hanno deciso di vivere al sud piuttosto che al nord, mi parlano di realtà che nel tempo stanno migliorando, tipo l’ospedale di Catania, per fare un esempio. E molte persone che sono venute dal nord al sud, ehm, hanno detto che sta cercando di migliorare il servizio volto alla popolazione e questo ti fa ben sperare per il futuro.
Angelo: Beh, diciamo che in generale i motivi per cui ho lasciato il sud ora li vedo più chiaramente perché, avendo studiato degli anni fuori, essendo ritornato, poi, nel mio paese d’origine causa pandemica e vicissitudini varie, ho una visione con maggiore chiarezza. Di base, penso che sia il poter essere una persona differente da quella che il tuo luogo geografico indica, ossia andare in una città dove ti conoscono poche persone, dove comunque le persone non conoscono il tuo passato, le tue…cioè anche vari gossip o varie, o varie vicissitudini, anche piccole inezie, diciamo, però condiziona magari un po’ la tua visione o la visione che gli altri hanno di te. Andando a studiare in un altro luogo, invece, o a vivere in un altro luogo, puoi ricreare, cioè ricreare sembra brutto magari, però puoi essere una persona differente o comunque sentirti più libero dalle catene che ti può dare un luogo in cui hai sempre vissuto, che è nel bene e nel male, perché magari naturalmente nel bene, in realtà, tutti ci si conosce, tutti quanti sanno chi sei.
Altri motivi per cui ho lasciato penso, come ben si sarà capito anche dalle altre cose, per fare un’esperienza diversa, perché ero stanco di vivere sempre nello stesso luogo e pensavo che, vivendo nello stesso luogo, una persona non fa delle vere esperienze o comunque non vive veramente. Quindi sono andato fuori e…di altro, niente. Cioè, tralasciando le varie cose che uno potrebbe dire sul sud, il nord, le differenze, però quelle poi alla fine sono tra personali e tra uno le calca la mano solo se vuoi andarle a trovare. Altrimenti sono sempre dell’idea che tutto il mondo sia, fondamentalmente, paese. È solo che i paesi sono molto più piccoli rispetto alle città.
Simona: Ma sei dell’idea che tutto il mondo è paese adesso, dopo essertene andato o eri dell’idea che tutto il mondo è paese anche prima di andartene?
Angelo: Eh, prima di andarmene forse non ero così tanto dell’idea che tutto il mondo fosse paese.
Simona: Eccoci qua, siamo arrivati.
Angelo: Tutt’ora probabilmente…
Simona: E cosa pensavi…
Angelo: Eh pensavo chissà…
Simona: … del sud, quando te ne sei andato?
Angelo: Ero un po’ stanco, diciamo. Nel senso che non potesse darmi più niente, che ci fossero poche opportunità e pochi sbocchi, che diciamo, poi essendo ritornato forse magari li ritrovi o comunque vedi il mondo in modo diverso e dici che sì, okay, magari lo sbocco, se non te lo scavi o non te lo crei da solo, non è che ti cada dal cielo, tipo la manna con gli ebrei. Sì, ma a 18 anni sei un po’ più ingenuo, più naïf. Quindi ora magari dici “ah, quel ragazzo diciottenne pensava di uscire e trovare il mondo, non capendo che uscendo da una gabbia, entri solo in una gabbia leggermente più grande”. Come tutt’ora penso che andare in altre città o in altre nazioni, magari sì, a vedere e scoprire veramente il mondo, come si siano sviluppate, come si sviluppi la società in luoghi differenti, a latitudini e longitudini differenti, ma credo che poi alla fine sarà scoprire soltanto che è sempre tutto…letteralmente tutto il mondo è paese, solo che è una prigione un po’ più grande e che alcune città sono più grandi di alcuni paesi, quindi questo rimane l’idea.
Simona: Ok, bene. E quindi tu…e qui passo alla domanda a sorpresa, cioè la mia domanda è: hai constatato nella tua esperienza proprio di vita che le cose funzionano male o pensi che questa idea che tu hai del sud, no, come luogo dove le cose non funzionano, derivi da una narrazione più grande del sud? Magari creata neanche da noi, creata da qualcun altro. Dico, sai no, quando… “eh le cose non vanno bene, le cose non funzionano”. Cioè, l’hai sperimentata nella tua vita di tutti i giorni oppure pensi che venga da qualche altra parte, questa narrazione negativa del sud?
Luciana: Allora, sicuramente la narraz…come l’hai chiamata tu, la narrazione negativa del sud, un po’ ci cresci con questa cosa. Cioè, nel senso, se da piccolo ti devono insegnare che puoi cambiare le cose, okay, però sappi che qui funziona così e farai più fatica, te lo insegnano già come punti cardini della crescita, cioè al sud le cose vanno più a rilento o al sud le cose vanno male.
Poi, se è davvero così e se non è davvero così, l’ho potuto constatare, constatare in diverse occasioni, che ora non so ben proprio elencare nello specifico, però quello che ho potuto constatare è che anche al nord succedono dei disagi ed è vero, cioè nel senso qui non è tutto rose e fiori, qui non è che funziona tutto benissimo. Io potrei dire la parte sanitaria, come sicuramente però non posso ribattere perché non so gli ospedali giù come sono messi. Dal punto di vita della…dal punto di vista della vita extra, qui i servizi mi sembrano abbastanza tutti funzionanti e ci sono cose che io adesso do per scontato avere, ricevere, saper fare. Giù mi viene un po’ difficile pensarlo, perché poi magari ci sono stati degli eventi che mi hanno detto “okay, è vero, devo prendere atto che qui non, non è così scontato avere questo servizio”.
Posso dire, essendo padroncina di una cagnolina, a Salerno trovare un taxi che prendesse anche il cane è stato un problema, è stato un disagio. Non è la mia regione di appartenenza, però è comunque parte del sud. A Bologna, se avessi avuto bisogno di un taxi che mi prende il cane, l’importante è comunicarlo, ma qualcuno ti…lo trovi. Questa può essere una banalità, come può essere indice di come va la vita in generale. Che giù le cose vadano diversamente, ecco, non direi che vadano sempre male, ma vanno diversamente. Quindi, non so fare un elenco preciso delle cose che non vanno, come non saprei dirti adesso dettagliatamente cos’è che mi fa pensare che al sud le cose vanno male. Un po’ lo sai perché ci cresci, un po’ perché magari, effettivamente, quando ti sei andata a confrontare, non sempre è andata come cercavi e sei dovuto ricorrere a quegli schemi che magari hai sempre tanto odiato e sempre ribattuto, però in qualche modo poi bisogna un po’ sempre adattarsi al contesto. Parlerei, per esempio, l’esempio proprio lampante è la differenziata, però nel mio paesino di appartenenza potrebbe essere, per quello che io sento dai miei genitori, potrebbe essere un servizio erogato bene, ma c’è spesso del disagio, cosa che io il disagio sulla differenziata, seppur mi trovi in una regione dove è nato lo sciopero, non ho mai visto la nettezza ammassata perché bisogna scioperare, per dire. Altra cosa, magari l’organizzazione, visto che siamo a tempi di covid, di quelle che sono le campagne vaccinali. Giù la sanità molto spesso è fatta da, da propagandisti, che sono contro, magari, l’idea stesso del vaccino, se ne son sentite di cotte e di crude e di conseguenza, magari, non c’è l’input a proseguire una prevenzione primaria.
Questo aspetto lo potrebbero trovare in qualsiasi realtà, se andassi nella provincia, anche dell’estremo Trentino o magari dell’estrema Valle d’Aosta, non posso dire nord contro sud quanto è reale.
Lorenzo: No, io penso che sia una realtà, perché comunque no…pur non lavorando al sud, ehm, da lavoratore noti alcune cose che ti fanno capire come vengano gestite le aziende sanitarie al sud. Se pensi che negli ultimi cinque anni al nord avranno fatto almeno 30, che dico, forse anche di più, anche 40 concorsi, mentre in alcune regio…tra, parti della mia regione, io posso parlare per la provincia di Siracusa, che è quella su cui ho più informazioni, non fanno concorsi da vent’anni e per il covid hanno pescato da graduatorie vecchie di vent’anni, piuttosto che fare nuovi concorsi oppure hanno cercato di farsi cedere le graduatorie da altri ospedali, ad esempio il Niguarda ha ceduto parte…l’ospedale Niguarda, a Milano, ha ceduto parte della sua graduatoria all’Umberto Primo di Catania per mandare degli infermieri al sud. Anche questo ti fa pensare. E poi adesso abbiamo parlato solo del ramo sanitario, ma in generale prima parlavamo di servizi, l’esempio più lampante è nella gestione della spazzatura. Da poco ho avuto ospite mio padre a casa mia, che mi raccontava che, al mio comune, hanno aumentato esponenzialmente la tassa sui rifiuti perché almeno stimano che il 70% della popolazione non paghi la tassa sui rifiuti e quindi questa tassa si ripercuote su quei poveri fessi, fra virgolette, che la pagano. Come questi, ora non abitandoci, non so che esempio portarti, ma ho l’impressione che non sia l’unica nota negativa nella gestione della politica al sud.
La scelta di iniziare a lavorare al nord è dettata anche da queste situazioni, perché comunque tu, anche volendo iniziare una vita da lavoratore, da infermiere, ehm, in Sicilia, sai che dovrai adattarti a quelle che sono le condizioni attuali del nostro mestiere, quindi non essendoci concorsi, non ci sono assunzioni, ehm, quindi sei costretto a lavorare o per cliniche private o per altri servizi, che non sono di certo il massimo per quanto riguarda, appunto, la nostra professione.
Angelo: Diciamo, dirli sul sud in generale, forse sarebbe, cioè un poco errato. Cioè aggiungerei, cioè sul mio paese o comunque sulla mia zona geografica, quindi centro Calabria, zona della Sila, fondamentalmente l’idea che forse ogni montanaro o comunque persona di montagna ha, quindi scarsa… cioè difficoltà di viabilità e quindi implica per forza il fatto che se tu voglia viaggiare o andare da qualche parte, tu debba sempre metterci in conto delle difficoltà stradali, cioè delle cose che pensavo, e che tutt’ora, comunque sia per esperienza personale e no, sai che in alcuni altri po…altri posti non è vero. Cioè, comunque, quindi il manto stradale normale, una viabilità con maggiore velocità, maggiori connessioni anche con stazioni dei treni o comunque infrastrutture stradali migliori, quindi diciamo che vivo, ho vissuto forse del pregiudizio del montanaro, quindi credere che il…abitare sul monte fosse restrittivo per il semplice fatto che è difficile come zona geografica. Gli altri erano…cioè è che comunque il grande classico, diciamo, che è vero per statuto nazionale, cioè quello che una persona, fondamentalmente, dice del sud poi è vero quando un italiano parla dell’Italia all’estero: “ah che comunque non funziona niente, ah le classiche cose fatte all’italiana”. Infatti, soltanto che magari il sud dà questa…no, non penso che dia l’onta o comunque che dia, che crei poi questo stereotipo. Io direi che è più una cosa generale dell’indole dell’italiano o comunque della persona meridionale, ma meridionale inteso abitante di nazione che sbo…che affaccia sul Mediterraneo. Cioè che quindi le cose non funzionino mai bene, che in testa hai in mente del…cioè hai comunque un, un idealtipo che sia irraggiungibile. Cioè comunque un, un, la, una finzione pubblicitaria di cose che funzionino e che tu non hai e che dici “ah, qui non funziona mai niente, ah le classiche cose così, ah il raccomandato, ah, o come la frase che andava tanto tempo fa, qui è tutto un magna magna”, ora comunque andata in disuso, fondamentalmente, però che sono quei concetti che sono condivisi un poco per tutta la penisola, solo che da persona del sud li senti forse un po’ più vividi sulla tua pelle, forse un po’ più veri. Però credo che, fondamentalmente, sia una cosa che molte persone in tutta la penisola, condividono tutti perché, ripeto, alla fine dipende da quale gruppo sociale sei e da quale zona geografica occupi, perché è normale che una persona che vive a Milano o comunque un quartiere bene di Milano, un quartiere bene di Roma, ha una visione del mondo e dei servizi che sia in un determinato modo. Una persona dell’entroterra sardo o siciliano o anche calabrese, diciamo che ha anche la visione dei servizi a cui puoi accedere e non accedere differente, cioè esempio stupido e banale la connessione ad internet. Io, tipo, ho avuto sub…relativamente subito una connessione ad internet, però per raggiungere una velocità accettabile e che non definirei da paese in via di sviluppo, sono solo gli ultimi anni ed ho un 10 mega di connessione, quindi a velocità 10-15 mega, 20 mega. Mentre il mondo si è sviluppato per raggiungere il tera di connessione o comunque velocità che per me sembrano peggio di come Kubrick immaginava il futuro nel 2001, cioè con i viaggi spaziali e l’IA, al momento, mille tera di velocità, scaricare cose in zero secondi, pura fantascienza, come lo era 10 anni fa per una velocità di 20 mega. Parlando di infrastrutture, poi, naturalmente uno va a vedere, nel particolare, su infrastrutture e servizi e credo che poi i problemi siano dappertutto, ma per fare un esempio un poco più pratico, nel 2021, penso che ci siamo resi conto tutti quanti dell’importanza di una sanità pubblica e per tutti e diciamo che comunque da italiano, anche da perso…da calabrese, fondamentalmente, che ha vissuto gli anni della privatizzazione della sanità e quindi del potenziamento delle strutture pubbliche e del servizio pubblico, diciamo che c’è quel senso di aver visto la tragedia avvicinarsi o comunque il problema avvicinarsi e di non aver fatto niente, ma nemmeno fatto niente o comunque quel senso di essersi lasciati andare alla cosa e dire “ah ormai è così, ormai la situazione…eh che cosa ci vai a fare, tanto…”, altre frasi che si dicono sempre “si frican’ tutt’, ah sì tanto devono far man…eh devono far mangiare gli amici loro” e tutti, che tu dici sì, okay, individui il problema e stai conscio che la situazione attorno a te non sia delle migliori o che comunque stia prendendo una china non delle più piacevoli o comunque che reputi non delle più sane e c’è quel senso di impotenza, quel senso di impotenza su cui magari che puoi fare, perché quando…perché anche nel mio paese c’è stato un esempio di così, di privatizzazioni, di tentativo di installazione di sanità, di sanità private con depotenziamento dell’ospedale pubblico che c’era sul, sul nostro territorio, che aveva un grosso bacino d’utenza, tra l’altro, e quindi cioè però che puoi fare, se hai 16 anni che fai? Fai le manifestazioni. E quindi e comunque sentivi, quando facevi le manifestazioni per dire “no, l’ospedale…” cioè comunque per come ne può capire un sedicenne sempre o un quindicenne “ah la sanità deve essere di tutti” e tutto il resto, “i posti di lavoro, perché depotenziare questo per poi chissà che cosa fare”. Ti sentivi dire dalle persone più grandi un po’ che diciamo…“ah vabbè, tanto che cosa volete fare con ‘sta manifestazione? Ah sì, tanto hai perso quei tre giorni di scuola con ‘sta manifestazione”. Che poi, naturalmente, è vero, perché poi il grande non detto tra tutti è questo, che tu dici “le battaglie sociali, fare, ah ma in realtà c’hai i tuoi tornaconto, è per non fare quello, è per non fare quell’altro”. Sì, è vero, ma alla fine lo sciopero o comunque tentare di combattere per qualcosa, anche con pochissimi strumenti, ti libera un po’ da quel senso di impotenza di essere buttato in un mondo in cui le cose sono già scelte o comunque il fiume ha già preso la sua via e tu sei solo lì ad essere tra…o trasportato dalla corrente o nel migliore o peggiore dei modi essere il cosiddetto rivetto nel basalto, ossia il palo piantato nel letto del fiume con l’acqua che gli scorre, gli sbatte addosso fin quando non lo spezza. Quindi, diciamo, è questo il senso di impote…cioè non tanto il senso di impotenza, il “ah vabbè, ormai è andato, ah vabbè ormai la casa è in fiamme, amen”. Cioè no, se la casa è in fiamme, probabilmente puoi almeno provare a fare qualcosa, altrimenti constatare che la casa sia in fiamme e non far nulla, beh diciamo che non è una delle migliori azioni. Cioè se la consapevolezza deve essere seguita da azioni. E dice che è un problema più che altro italiano, perché poi naturalmente in alcuni luoghi si esplica con maggiore forza o con più, ripeto, vividezza anche, che in altri.
Simona: E quindi, in generale, sei contenta di essere andata a studiare lontana dal sud?
Luciana: Sì, sono contenta di essere andata al nord a studiare e di essere stata anche abbastanza al nord per studiare. Cioè, nel senso, non è solo andare fuori di casa, ma avere casa a due ore, perché quello può essere molto spesso un escamotage, che poi ti vira a tornare sempre verso casa. Mentre avere la, la famiglia lontana abbastanza, a sufficienza da dover diventare grandi, responsabilizzarti e, al tempo stesso, fare tutte le tue esperienze, è stata una bella esperienza di vita, che poi mi ha aiutato a formarmi con tutte le, le caratteristiche.
Lorenzo: Sono contento di essere andato a stu…a studiare fuori, al nord perché questa scelta mi ha cambiato molto. Inizialmente non pensavo che mi cambiasse così tanto o comunque vedevo solo il bello del cambiamento: stare lontano da casa, fare quello che vuoi, avere una vita indipendente. Ma questi tipi di scelte ti portano anche a responsabilizzarsi, perché ci sono anche i lati pratici di questa scelta: devi vivere da solo, se hai de…alcu…dei problemi, devi imparare a sbrigartela da solo. Mi met…mi confronto anche con alcuni miei coetanei nel paese che, una cavolata, non sanno come si affitta ‘na casa o cose della vita pratica, basilari, ecco. O ancora, persone che a 30 anni giù vivono con i genitori, quindi non sanno proprio niente di quella che è la vita da soli.
Angelo: Sì, sono contento di essere andato a studiare al nord, perché altrimenti non avrei mai fatto le esperienze che ho fatto, non avrei mai vissuto in altri luoghi, non avrei mai, non avrei avu…non avrei la visione del mondo che c’ho ora, se non avessi vissuto fuori. Non avrei anche questo senso di disincanto nell’analizzare città e luoghi, perché se uno sta sempre nella stessa città, è normale, o nello stesso luogo, è normale che non riesce ad astrarsi e capire che, fondamentalmente, puoi astrarti da ogni luogo e co…o da ogni, e da ogni situazione e considerarla dall’alto, in modo più razionale. E poi soprattutto perché conosci persone nuove, che è questa la cosa bella di andare a studiare fuori o dello girare nuovi posti. Conosci persone nuove, con le quali poi mantieni rapporti nel tempo e nello spazio duraturi e proficui.
Simona: Ok, bene. Ultima domanda: ti mancava il sud quando eri all’università? Se sì, cosa ti mancava di più?
Luciana: Beh, sì, è normale che mi mancava il sud quando ero all’università e come è normale che mi manchi tutt’ora, nonostante siano passati 10 anni. Ehm, cosa mi mancava di più, sicuramente gli affetti della famiglia nei momenti difficili, come la quotidianità giornalmente. Ehm, quello però veniva ben colmato dai nuovi rapporti, dai punti da…punti di riferimento nuovi e vecchi che si incrociavano nella mia vita universitaria. E quindi non…il senso di essere soli non c’era mai davvero. E questo lo sperimenti solo abbandonando il porto sicuro. Però di certo mi mancava la terra, casa, il mare, l’estate era il periodo più brutto, ripartire il 4 di gennaio era, lo stesso, un periodo molto brutto. Quindi non fare…poi facendo un tipo di università dove la frequenza era obbligatoria, cioè era del tirocinio, quindi i miei rientri a casa erano proprio razionati a piccole dosi. Quindi è normale che il sud mi mancava, però mi mancava soprattutto, appunto, la famiglia, le…col tempo, poi, ho riscoperto anche cose che prima non mi mancavano e che poi ora mi mancano. Come la bellezza della terra d’origine, ehm, sapere l’appartenenza al proprio paese, che però piano piano…la ca…la calma con cui sei quando scendi giù, perché sai di non poter pensare al lavoro perché, però, io lo vivo come una vacanza, ecco.
Lorenzo: Sì, mi mancava il sud quando ero…cioè quand’ero al nord, perché comunque non…il percorso che ho scelto di seguire mi è costato tanti sacrifici e anche il dover essere spesso presente. Ehm, il tirocinio, che è la parte pratica del nostro percorso di studi, mi portava a es…a poter scendere poco a casa e a dover rimanere tanto a Siena, che era la città dove ho studiato. Mi mancano sicuramente gli affetti, mi mancano gli amici, mi manca lo stile di vita di giù, la, la vita sociale. Però mi rendo conto che io la vivo sempre da esterno, perché per me tornare giù è una vacanza, significa staccare il cervello da tutto, rilassarsi, mentre chi vive il sud come il luogo dove abita, dove lavora, è un’altra cosa.
Angelo: Beh, penso che quando ero fuori mi mancava l’essere a casa e quando ero a casa mi mancava l’essere fuori. Ossia essere sempre nel luogo in cui non sei, quell’eterno senso di insoddisfazione. Poi il resto penso che sia molto, ma un po’ da tutti, rielaborare o comunque riarricchire. Come si suol dire “fare le cornicette al discorso”. Sulle cose che mi mancavano, vabbè tralasciando i grandi classici dell’affetto familiare, il cibo di mammà e il caffè e quelle altre cose che si dicono sempre, boh, forse mi mancava un po’ il fatto che quando uscivi nel paese un po’ conoscevi un po’ più gente, ma nemmeno perché poi vai all’università e conosci un sacco di gente, esci, cioè poi anche il fatto di vedere gente nuova. Quindi boh, forse niente. Però forse l’aria delle feste, durante le festività. Infatti durante le festività, volente o dolente si tornava sempre. Sempre, una volta tornato qui, pensando “ah chissà com’è farle fuori, ah chissà com’è farle lontano da casa le feste”.
CONCLUSIONE
E già, in questa frase finale, credo che Angelo abbia riassunto perfettamente la nostra generazione, un po’ ballerina, sempre insoddisfatta, sempre alla ricerca, incapace di fare il nido o senza alcuna voglia di fare il nido, ma queste sono cose che penso ci caratterizzino da nord a sud, da est a ovest, e non solo in Italia, così come il fatto di voler conoscere il mondo perché il mondo lo vediamo rappresentato sullo schermo ogni giorno e ovviamente ci sentiamo stretti se viviamo in un paese di provincia.
Insomma, ditemi voi cosa ne pensate: perché emigriamo? Che idea vi siete fatti ascoltando questa intervista? Io credo che non ci sia una sola risposta giusta. Ma credo di potervi dire con certezza che anche se tutto avesse funzionato al sud, io me ne sarei andata lo stesso.
Grazie per la vostra attenzione, alla prossima.
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