Non si può parlare dell’Italia senza fare riferimento ad uno dei capitoli più neri della sua storia, e cioè il fascismo. In questo episodio ti racconterò lo spettacolo politico di Benito Mussolini, per esplorare ancora più a fondo il tratto dell’italianità che abbiamo visto finora, e cioè l’arte dello spettacolo.
Oggi facciamo un gioco, giochiamo a Indovina chi, ne hai mai sentito parlare? Io ti darò alcuni indizi e tu dovrai indovinare di chi sto parlando.
Iniziamo?
Pronti, partenza, via.
Lui è un uomo, italiano, calvo, muscoloso, atletico, di umili origini, ha fondato un movimento politico, è salito al potere con una marcia su Roma, voleva riportare Roma allo splendore del passato, aveva un esercito privato, faceva parate e manifestazioni, indossava divise, parlava alla folla da un balcone, ha iniziato una guerra che non poteva sostenere, è stato ucciso dalla stessa folla che lo acclamava, massacrato, torturato e poi appeso a testa in giù in una pubblica piazza.
Cosa? Hai detto Cola di Rienzo?
No, mi dispiace, non è lui.
Sì, la sua storia è molto simile a quella di Cola, ma non è lui il personaggio di oggi.
Il personaggio del viaggetto di oggi è il fondatore del partito fascista, Benito Mussolini, un altro abilissimo organizzatore di spettacoli grandiosi e possenti.
So a cosa stai pensando caro ascoltatore e cara ascoltatrice, stai pensando “mamma mia, tutti i politici italiani sono uguali”: no, non sono tutti come Cola e Benito, forse solo quelli che hanno gran successo tra gli italiani sono come Cola e Benito, quelli più popolari insomma, quelli che fanno begli spettacoli, promettono stabilità e ritorno al passato e gridano animatamente nelle pubbliche piazze.
La storia di Mussolini è un esempio, molto più di quella di Cola, dei limiti della messinscena italiana, e dico molto più di quella di Cola perché le sue azioni si limitarono alla città di Roma, quelle di Mussolini invece ebbero effetti in tutta Italia, Cola ha creato un piccolo esercito e ha scatenato una guerriglia tra famiglie, Mussolini ha portato una nazione in guerra.
Ma entriamo adesso nei dettagli di questa messinscena e vediamone le caratteristiche che sono descritte molto bene nel libro di Barzini, nostro compagno di viaggio.
La messinscena di Mussolini iniziava dal suo corpo.
Lui recitava quando era in pubblico, faceva smorfie con il viso,
portava la mascella in fuori perché fosse ben evidente, scrive Barzini che Ugo Ojetti, un giornalista italiano, era solito dire di Mussolini “non posso fare a meno di pensare, quando lo vedo, quanto gli deve far male la faccia, la sera, al momento di coricarsi”.
La sua storia era una messinscena, lui era il protagonista di racconti e narrazioni diversissime.
Lo si descriveva e lo si rappresentava infatti, pubblicamente, sui media, come buon padre di famiglia, don Giovanni, cavaliere, pilota, minatore, condottiero, contadino.
Sui manifesti del periodo fascista lo si vede dritto, rigido come una statua, mani chiuse a pugno e messe sui fianchi, sguardo fiero e rivolto in alto.
Nei video che lo riprendono, lo si può vedere camminare in modo innaturale, come se stesse marciando, e se si guarda con più attenzione si può osservare il suo modo di girare per cambiare direzione: si girava su un tacco.
Se si ascolta uno dei suoi discorsi non si può fare a meno di sentirne l’artificiosità.
Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole: frasi, promesse, minacce e alla fine, quale coronamento dell’edificio, l’ignobile assedio societario di cinquantadue stati.
Chi parla così in modo naturale? Se iniziassi a parlare così, come lui, “in questo uomo si può osservare finzione, si sente quando lo si ascolta che non è autentico”, ecco, se iniziassi a parlare così sono certa che si inizierebbe a pensare che sono impazzita, o si avrebbe comunque l’impressione che sto recitando.
Ma lo spettacolo non era solo in lui, nel suo modo di fare, di muoversi e di vestirsi, nelle sue rappresentazioni sui media, lo spettacolo era anche fuori, perché un buon attore ha bisogno di una buona scenografia.
Durante il suo regime si è assistito a splendide parate militari, si sono potuti ammirare incredibili saggi di ginnastica, si sono ascoltati cori, si era circondati da bandiere e simboli, si assisteva e partecipava a riti di ogni genere, si potevano ammirare splendide uniformi che cambiavano ogni pochi anni.
E gli italiani a quel tempo, in Italia a quel tempo lo si amava, lo si venerava come una divinità, si ritagliavano le sue foto sui giornali e le si esponevano nelle case, come le immagini dei santi, quando sfilava nelle sue parate si sollevavano i bambini, in alto, perché lui li toccasse, lo si ascoltava devotamente quando pronunciava i suoi discorsi da alti balconi.
Ci si elettrizzava quando si assisteva alle parate, alle marce e agli spettacoli pubblici del regime.
Ti consiglio di guardare un bellissimo film, Una giornata particolare, che racconta molto bene, visivamente, ciò che ho detto nelle righe precedenti.
Ma ti faccio una domanda: credi che questa messinscena corrispondesse alla realtà?
Esatto, no.
I problemi che si avevano in Italia prima del fascismo diventarono ancora più gravi: si assistette ad un aumento di analfabetismo, arretratezza sociale e politica delle province, povertà, crisi economica, non si risolse il problema dell’agricoltura arretrata e dell’inadeguata struttura industriale, si verificò un rafforzamento di Mafia e banditismo.
Ma, in compenso, si diede vita a maestose costruzioni architettoniche e mirabili opere pubbliche.
I problemi reali non si risolsero ma se ne inventarono di nuovi, come ad esempio il problema delle parole straniere che furono bandite da cartelli stradali e uso comune.
Anche nel governo di Mussolini, dunque, la facciata luccicava ma le fondamenta erano fragili, inesistenti.
Ci si chiede, tra gli storici italiani, perché si è condotto un esercito disorganizzato in guerra? Perché si è avviata una guerra con un’industria così fragile e armamenti arcaici e inadeguati? Ci si domanda come Mussolini non abbia potuto vedere la tragica situazione in cui si era in Italia.
Si è d’accordo nella comunità degli storici sul fatto che Mussolini non fosse uno stupido, studiava molto, lavorava fino a tardi, si aggiornava, leggeva i giornali: come ha potuto non vedere la realtà?
Era semplicemente lontanissimo dalla realtà, ed era così lontano dalla realtà che quando perse il potere il 25 luglio del 1943 lui non se lo aspettava, non aveva previsto che avrebbe perso il potere.
Gli eserciti alleati avevano invaso la Sicilia, tutti i territori d’oltremare erano stati persi, l’esercito italiano era stato distrutto in Russia, nei Balcani e in Africa, l’Italia era rovinata e paralizzata dai bombardamenti, ma lui non aveva previsto la sua caduta, la sua fine.
Non vedeva la realtà o, forse, semplicemente, non la voleva vedere.
Si sa, non si può risolvere un problema se non si ammette di averlo, se non lo si vuole vedere, e, in questo modo, ci si rovina con le proprie mani .
Anche Mussolini fu catturato dal popolo, fucilato e appeso per i piedi al tetto di un distributore di benzina a Milano.
Una morte scenografica, insomma, d’altronde, lui stesso aveva detto “ognuno ha la morte che corrisponde al suo carattere”.
Con questo triste spettacolo ti saluto, ti ringrazio per l’ascolto e spero, con questi viaggetti, di averti aiutato a conoscere un po’ meglio il mio popolo.
Anche oggi ti lascio con una domanda, e ti chiedo se esiste, nella storia del tuo paese, un personaggio come Mussolini.
Grazie ancora per l’ascolto, ci sentiamo domani.
GLOSSARIO
● Rovinarsi con le proprie mani : espressione con il significato di farsi del male da soli, usare le proprie mani per farsi del male.
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