Lingua italiana insieme
La città di Roma raccontata da una romana (I): intervista
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In questo episodio di livello AVANZATO ho selezionato delle frasi lette in un libro su Roma e le ho lette a Giulia di @romacongiuli, chiedendole di commentarle. Attraverso i suoi commenti Giulia ci racconterà la sua città, Roma: cosa rende Roma così bella? Quali sono le caratteristiche di questa città?
Introduzione
In questo episodio di livello AVANZATO ho selezionato delle frasi lette in un libro su Roma e le ho lette a Giulia di @romacongiuli, chiedendole di commentarle. Attraverso i suoi commenti Giulia ci racconterà la sua città, Roma: cosa rende Roma così bella? Quali sono le caratteristiche di questa città?
Queste sono alcune delle domande le cui risposte troverai in questo episodio.
Trascrizione
Ciao, ciao, ciao studiante, e bentornato e bentornata nel nostro podcast, in questo episodio di oggi che sono felicissima di condividere con te finalmente.
Questo episodio è il risultato di un viaggetto a Roma e di un incontro speciale con una persona speciale che ho conosciuto su Instagram: Giulia, che trovi su Instagram con il nome di @romacongiuli.
Io e Giulia stiamo lavorando ad un progetto insieme, per questo sono andata a Roma, abbiamo filmato dei luoghi bellissimi e intervistato dei personaggi mooolto romani.
Tra una ripresa e l’altra, tra un’intervista e l’altra, ho fatto con Giuli una piccola attività che ho registrato, e che oggi tu ascolterai.
Ho trovato finalmente una collana di guide turistiche che mi piace moltissimo, si chiama The passenger, e ovviamente te la consiglio.
In questa collana c’è un volume dedicato a Roma, un volume che ho amato, perché mi ha fatto conoscere la personalità della città di Roma: non solo la sua storia, la storia del suo passato glorioso, eccetera, ma la sua personalità.
Grazie a questo volume su Roma sono riuscita a capire la città un po’ di più, e sono riuscita a coglierne di più l’essenza.
Ho sottolineato gli estratti di questo volume su Roma che mi hanno colpito di più e, una volta a Roma, ho letto questi estratti a Giulia, chiedendole di commentarli, da romana che vive e ama Roma.
Ho diviso le sue risposte in due parti, nel podcast di questo mese ascolterai la prima parte, il prossimo mese la seconda.
Musichetta experience
Ora ti dico due ultime cose importanti e poi ti lascio alle parole di Giulia.
Punto numero uno: l’episodio di oggi è stato registrato in un bar, quindi sentirai tantissimo rumore di sottofondo. Non lasciarti spaventare dal rumore, concentrati e ascolta il prossimo punto.
Punto numero due: proprio perché c’è tanto rumore di sottofondo, la trascrizione del podcast è più importante in questo caso. Per leggere dunque la trascrizione di questo episodio visita il nostro sito lernilango.com.
Adesso siamo pronti, possiamo iniziare davvero.
Simona: allora Giulia, io come sai ho letto il libro The Passenger, okay, che è appunto una raccolta di libri su varie città d’Italia e del mondo, e ho letto questo libro su Roma, okay? Ho selezionato alcuni estratti di questo libro che mi hanno colpita di più, adesso io ti faccio leggere questi estratti, cioè ti leggo questi estratti e voglio che tu da romana, quindi da persona che vive a Roma, voglio semplicemente che tu commenti queste frasi, cioè voglio che mi dici a cosa ti fanno pensare, cosa ti fanno venire in mente, va bene?
Giulia: okay, andiamo!
Simona: prima frase, allora…
“Così i turisti si ammassano in poche vie del centro storico dove i ristoranti sono pessimi, un tempo a Roma era difficile mangiare male, ora è difficile mangiare bene, la media è cara e inospitale. A differenza della Spagna l’Italia in generale e Roma in particolare non hanno sviluppato una cultura turistica, l’atteggiamento è quello dello spennare il turista, una cultura del sola, come dice il dialetto romano, per di più ormai i turisti tendono a incontrare quasi solo turisti perché il centro storico di Roma si è svuotato. Nel 1950 gli abitanti del centro dentro le mura aureliane sulla riva sinistra del Tevere e dentro le mura Gianicolensi sulla riva destra erano 371.000, nel 1961 erano scesi a 242.000, nel 1971 a 167.000, nel 2001 a 111.000, nel 2012 erano solo 85.000. Lo svuotamento è una caratteristica comune a tutte le città turistiche che diventando città museo sono destinate a una lunga agonia e all’imbalsamazione, però qui è più drammatico che altrove per la crisi economica e il prezzo degli affitti insostenibile con stipendi da recessione, così la città tende a spaccarsi in una minuscola Disneyland storica circondata da un’enorme e sparpagliata agglomerazione moderna in cui trascorre la disagiata di milioni di romani come mostra il pluripremiato documentario bla bla bla…”.
Allora questa cosa, cosa ti viene da commentare?
Giulia: di tutto, c’è tanto da dire su questo tema, è vero eh, è un turismo che si accalca in poche vie, principalmente mi viene da pensare a piazza di Spagna, via dei Condotti, via del Corso che sono vie purtroppo ormai personalizzate, cioè quello che tu trovi nel centro di Roma a livello di negozi e botteghe non rispecchia più quelli che erano i tradizionali negozi, ma è, ma sono negozi che puoi trovare in tutte le città, in tutte le città europee e occidentali, cioè sono esattamente gli stessi negozi e questo deriva un po’ da dal nostro modo di vivere i luoghi odierno, cioè ovunque tu vai devi sapere che troverai Zara, troverai h&m, è un modo in cui in un mondo globalizzato la gente si orienta e si sente sempre a casa, in questo modo in realtà non stai facendo l’esperienza del luogo, cioè stai riconfermando un’identità che poi alla fine è vuota.
Mi dispiace che il turismo di Roma, sì, di questa cosa che i turisti vengono spennati da un lato è vera, ma non mi sento di condividerla fino in fondo perché penso che sia anche un turismo di basso livello, nel senso che per quanto sì magari si cerchi di gonfiare i prezzi, in realtà sono, quello che viene messo in risalto purtroppo è un livello basso, cioè non viene davvero offerta un’esperienza di valore, i negozi che sono intorno a piazza di Trevi, a fontana di Trevi sono raccapriccianti, cioè non sono nemmeno italiani, sono negozi di souvenir, negozi scadenti di cibo che non è nemmeno quello veramente italiano…
Simona: che gli italiani non comprerebbero mai d’altronde…
Giulia: che gli italiani non comprerebbero mai, quindi sì, è vero, si cerca di gonfiare quello che c’è da gonfiare, però il livello è veramente basso e questo dispiace perché la città ne perde in valorizzazione, perché il costo deve riflettere una qualità, quella qualità deve essere rispecchiata, vengono offerti magari i prodotti scadenti a prezzi un po’ più elevati, non è nemmeno la città più cara dove si possono fare vacanze secondo me a livello di servizi, pranzi, cene fuori, cos’altro mi viene da dire su questo…
Simona: è davvero una città imbalsamata quella del centro storico come dice il libro, cioè proprio come un corpo imbalsamato, come il corpo imbalsamato degli animali che non ha vita sostanzialmente, cioè un museo all’aria aperta e una Disneyland, un parco giochi appunto imbalsamata e non c’è vita nel centro storico, sei d’accordo con questo? Tu che la vivi magari da cittadina di Roma, sebbene come mi hai detto una volta Roma è fatta di quartieri, giusto?
Giulia: sì, si può vivere, si può vivere questa sensazione di città imbalsamata perché a questi spazi meravigliosi non vengono più poste domande, mi viene da dire, è imbalsamata perché non andiamo più a chiedere qualcosa a questi posti, stanno lì, li ammiriamo nella loro bellezza sconvolgente, penso al Pantheon, Piazza di Spagna, luoghi meravigliosi che restano imbalsamati perché le persone non interagiscono più davvero con questi luoghi, cioè sono luoghi belli, a volte talmente belli che non ci viene nemmeno da attraversarli fino in fondo, li osserviamo, gli, cogliamo che c’è qualcosa di straordinario, ma non c’è un vero rapporto con queste, con queste rovine o con questi monumenti.
Volevo dire una cosa ma non mi ricordo…ecco sì, non condivido per niente la definizione di Roma come museo a cielo aperto, cioè una cosa com la quale io proprio non sono d’accordo perché questo secondo me è un modo molto superficiali vedere Roma, cioè Roma non è un museo secondo me, non è un posto dove si conservano dei resti che non hanno non hanno una vita, che sono lì imbalsamati secondo me, cioè si può fare questa esperienza, ma secondo me non è quella autentica, intanto tutti questi monumenti tutte queste chiese sono frutto di una stratificazione che continuerà, per i secoli ha sempre portato a delle modifiche enormi, quindi non c’è niente di veramente imbalsamato, non può esserlo perché ha esposto al tempo, è esposto alle intemperie, alle persone che lo attraversano, quindi il fatto che sia, cioè, aspe’, adesso sto capendo quello che voglio dire, cioè, allora, Roma, il fatto è questo, Roma viene interpretata come un museo a cielo aperto e quindi come una città imbalsamata e questa è una lettura molto superficiale perché non ci rendiamo davvero conto del valore, cioè della potenza che hanno questi luoghi, della loro origine profonda, quindi possiamo vivere Roma come un museo da attraversare facendo le foto, ma io non sono d’accordo con questa definizione di Roma come museo perché è molto distante dalla realtà di Roma, cioè intanto un museo implica che tu hai dei reperti che stai custodendo in un luogo protetto e che non cambieranno nel corso del tempo perché sono lì apposta per non modificarsi, perché devono essere messi lì dentro a una teca e preservati, ma una città non potrà mai essere un museo perché i monumenti, le strade, i palazzi sono tutte esposte alle intemperie, al tempo e alle persone, quindi è illusorio pensare che Roma sia un museo perché cambia continuamente anche se noi non ce ne accorgiamo e Roma sembra sempre uguale, in realtà cambia e tutto ciò che ha valore in questa città ha una storia radicata, cioè, il modo in cui i romani decidevano di costruire i loro luoghi importanti, i templi oppure i luoghi istituzionali erano dettati da ragioni spirituali principalmente, quindi veniva interrogata una divinità e quella divinità indicava il luogo che era sacro, quindi loro poi costruivano lì un luogo sacro magari ed è l’opposto di quello che facciamo noi, cioè noi oggi decidiamo che in un determinato spazio è funzionale costruire una chiesa e costruiamo lì la chiesa e il posto diventa automaticamente sacro.
Però mentre nel caso della Roma antica c’era una narrazione condivisa, c’era una storia, c’era un motivo per cui un luogo sorgeva in un certo posto e le persone lo sapevano ed era quindi un patrimonio al quale sentivano gli appartenere, oggi noi non abbiamo più quel legame profondo, un po’ perché abbiamo perso le tracce di quella che è la Roma antica, e poi perché siamo abituati a ragionare in termini funzionali, quindi noi pensiamo che Roma sia stata costruita con le nostre stesse categorie, ma non è assolutamente così, cioè Roma non è un museo, ma Roma è una città spirituale secondo me, perché se noi guardiamo alle chiese più importanti, ai luoghi più importanti, nascono tutte in posti che erano nevralgici già nell’antica Roma, e quindi questo, questa energia, questo pathos si mantiene, io sono fermamente convinta che quelle sensazioni che noi proviamo quando andiamo in questi luoghi si conservino e quindi sì mi dispiace che possa apparire come una città imbalsamata, come un grande museo da attraversare senza lasciare una traccia del proprio passaggio, praticamente è un museo in cui tutti noi passiamo distrattamente, no Roma non richiede questo, molte persone si accorgono che Roma non è questo e poi magari decidono anche di rimanere ed è una cosa che io mi chiedo sempre, mi chiedo se io fossi di un altro paese, arrivassi qui e vivessi queste sensazioni, me ne potrei mai andare? Non riesco tanto a rispondere perché…
Simona: ma questa cosa che magari il centro non è abitato da tanti romani e ci sono solo turisti, cioè è vero, è vero che il centro non ha vita reale, non trovi la vera vita reale romana all’interno del centro, nelle mura, appunto, nella parte più antica della città, pensi che sia vera questa cosa o un po’ esagerata anche qui? Cioè i numeri parlano, i numeri ci hanno detto che cioè siamo passati da cos’è, dal 1950 al 2000, cos’era qua, dal 2012 da circa 371 mila a 85.000 abitanti nel centro, cioè è un grande passaggio, però nonostante questo, il fatto che i numeri parlino, è vero che non si può trovare la vera Roma all’interno delle mura secondo te, pensi che sia vera questa cosa?
Giulia: i numeri parlano e quindi su questo non, c’è poco da dire ed è una cosa che possiamo notare e di cui parlo anche con amici che magari vivono a Trastevere e si sono resi conto di quanto è cambiato già da quando loro erano bambini ad oggi, il fatto che ci siano sempre meno persone che abitano al centro è indubbio, che non si possa trovare romanità nel centro non mi sento di confermarlo fino in fondo perché ehm ci sono delle delle oasi in cui questo si mantiene, piccoli negozi, piccoli botteghe che fanno resistenza diciamo a questa ondata di globalizzazione di omologazione…
Simona: quindi c’è, c’è la romanità anche nel centro, magari è più difficile trovarla, è più difficile scovarla ma c’è secondo te…
Giulia: sì, sì, ed è una bellissima ricerca perché poi nel momento in cui tu riesci a trovarla il sapore della scoperta, del capire davvero come è un romano, come parla, come, come vive la vita è quello che dico io è che i romani sono divertenti, cioè i romani sono proprio divertenti, sono, sono generosi, questa è una cosa bella e quindi quando tu trovi quella, quel bottegaio, quel negoziante che è veramente romano, che ha visto Roma cambiare, a volte c’è anche un senso di malinconia per i tempi andati, quella Roma in cui appunto i romani vivevano in centro, quindi si portavano la sedia di legno in mezzo alla strada sui sampietrini e si mettevano a parlare o si montavano pure un tavolino e giocavano a briscola, queste scene si possono ancora vedere in alcune zone a Trastevere per esempio, mi viene in mente anche il bar del Fico dietro Piazza Navona dove vanno a giocare a scacchi, sono tutti romani, Signori principalmente, anziani romani, mi è capitato di vedere scene bellissime di signore che si incontravano all’angolo tra vari palazzi e si mettevano là a chiacchierare, anche durante il covid c’è stata questa scena che non mi scorderò mai a Piazza della Conciliazione, una piazza veramente pittoresca, da dove poi più avanti si vedono i fori, insomma in questa piazza a un angolo vedo queste signore anziane che, distanziate, comunque si facevano il loro momento di socialità, questa è una cosa importantissima secondo me e che stiamo perdendo del, del vivere i luoghi, cioè il fatto che serve parlarsi, serve conoscersi tra vicini di casa e quella è la prima rete, cioè proprio anche per la salute mentale delle persone per rendere una vita felice, noi abbiamo bisogno di questo contatto, si parte dalla famiglia ma poi subito dopo c’è la strada, c’è la comunità, c’è il quartiere in cui vivi e poi solo da lì poi puoi partire cioè e costruire un senso d’identità più nazionale o…insomma, devi partire dalle radici.
Simona: più ampio, certo, famiglia, comunità e poi identità a livello più ampio, va bene, quindi sei d’accordo e no con quello che ha detto questo libro, va bene, passiamo alla prossima, alla prossima frase, vediamo che mi dici…
“Sempre a proposito di chiacchiere, Roma è una città che non conosce l’etichetta, anzi la disprezza. Prima che i cassieri dei supermercati cominciassero a offendersi dicendoti Innanzitutto buongiorno quando non li saluti e vai, da Romano, subito al sodo, in tempi meno permalosi non si sentiva un per favore al bar nemmeno per sbaglio”.
Che mi dici di questo dei romani, è vero? Non hanno etichette i romani, sono un po’ rudi, un po’ così?
Giulia: io l’avevo letta anche in chiave in un certo senso poetica questo non dare etichette, è una cosa che io adoro di Roma e molte persone che dall’estero o da altre città d’Italia vengono a Roma apprezzano, cioè il fatto che veramente è una città che raramente ti fa sentire categorizzato o discriminato in qualche, è città generosa ma anche un po’ caciarona, quindi, per esempio mi viene in mente Codognotto che è un maestro artigiano del legno che mi ha detto Roma ,’assomiglia, lui viene da Venezia, si è trasferito qui molti molti anni fa, há costruito qui poi la sua carriera e lui mi ha spiegato che se fosse stato, se fosse rimasto a Venezia non avrebbe mai potuto veramente esprimersi perché, io poi gli ho chiesto cosa vuol dire Roma m’assomiglia e lui mi ha risposto, eh, lo vedi come vado in giro? Io c’ho i pantaloni con le toppe colorate perché mi piacciono così, mi piace vestirmi come mi pare, mi piace parlare con la gente per strada, attaccare bottone e sentire cosa ha da dire la gente, se l’avessi fatto a Venezia mi avrebbero preso per matto, e quindi io questa cosa del togliere le etichette, togliere i filtri la vedo in senso positivo in queste storie per esempio che poi sono cose di cui tutti possiamo fare esperienza perché raramente un romano a cui viene chiesto di abbassare quella, di abbassare quel muro e entrare anche in relazione evita di farlo, cioè, sono persone espansive, però al tempo stesso c’è questo senso anche di essere, andare dritti al sodo quindi, cioè non mi devi rompere, cioè non mi devi stare, c’ho da fa’, vai dritto al sodo, non cioè…
Simona: non fare giri di parole, insomma, cioè dimmi che vuoi e poi vattene.
E questa cosa di non si sentiva un per favore neanche per sbaglio.
Giulia: cioè può essere, io con alcuni romani, soprattutto di vecchia generazione, l’ho percepito, sono quelle situazioni in cui non sai bene cosa dire perché è anche lontano dalla sensibilità di oggi in cui comunque dobbiamo essere sempre molto gentili, e io lo trovo un valore aggiunto cioè il fatto di essere, avere sempre un aspetto di sensibilità nei confronti di chi incontriamo, e di fronte però a questi personaggi storici che proprio veramente dicono dai vattene, cioè hai comprato, mo’ vai, hai capito? E tu dici ma scusa, ma io volevo dire grazie…
Simona: ma perché mi tratti male?
Giulia: perché mi tratti, vai, tipo non me rompe’ più, cioè, esci, e tu puoi rimanerci male oppure invece secondo me l’approccio vincente è quello di farsi una risata e andare via così con un sorriso sulle labbra perché pure questo è parte di Roma e a me piace.
Simona: okay, bene, vediamo, prossima frase, vediamo un po’ cosa abbiamo qui, allora, ecco qua…
“Ripensandoci oltre agli aerei e senza musica, aveva avvertito ovunque, da piazza del Popolo a fonte Meravigliosa, l’eco di un vociare diffuso, a Roma si sente molto rumore umano, conversazioni in cammino”.
Giulia: che meraviglia, mi piace un sacco questo passo…
Simona: conversazioni in cammino, che mi dici di questo?
Giulia: parliamo un sacco, parliamo troppo, chiacchieriamo tantissimo, ma poi sì, Roma è una città che risuona, cioè sarà anche che ne ha viste e sentite tante, forse non lo so, forse in Italia è una delle città che hanno visto più avvenimenti, più storie, ed è una città di racconti, cioè è una città di narrazione anche si presta perché è una storia vivente, cioè è una storia vivente che pulsa e a parte, cioè e questo si riflette su vari livelli, cioè sia nel livello profondo, sia poi nel fatto che a livello culturale è vero c’è una cultura del chiacchierare, del, anche questa vita lenta, il fatto di prendersi il caffè, dopo pranzo e stare lì a condividere dei, delle chiacchiere, dei momenti di distensione è qualcosa che magari per una persona che viene da fuori è percepita come una perdita di tempo, questo vociare continuo oddio, basta, andiamo a lavorare, e invece i romani potrebbero sguazzarci le ore in questa specie di dolce far niente, siamo fatti così, forse al sud ecco già ci capiamo, però per esempio mia cugina che lavora da svariati anni a Zurigo, lei è nata e cresciuta a Roma, però adesso vive lì, ogni tanto torna e va a lavorare nello studio di Roma e dice ma non è possibile, qua la gente sta sempre a chiacchierare, stanno sempre a fare pausa caffè e poi iniziamo tardi, è un altro modo, è un altro modo di vivere la vita, è una vita più lenta, forse in negativo è che è un po’ più dispersiva…
Simona: probabile, magari sì è meno concentrati sulle cose no, se si vive troppo così lentamente, c’è sempre un lato negativo in tutto, quindi ci sta sei poco, sì, può essere dispersivo…
Giulia: potrebbe essere meno produttivo, comunque il fatto che sia una città che in cui c’è questo senso del vociare, è un vociare in cammino, sì, è una città che ha tanto da dire e quindi su cui poi ti viene tanto, ti ispira, non è facile da commentare questo pezzo…
Simona: eh già, eh già, cioè parla da solo sostanzialmente questo estratto, però…
Giulia: io quello che posso aggiungere da romana è che sì, è una città in cui il silenzio forse lo senti solamente di notte quando cammini per le strade buie e è una delle esperienze più magiche penso, Roma di notte, i sampietrini illuminati dai lampioni, strade vuote e le fontane, infatti Roma non è mai davvero silenziosa anche perché ci sono le fontane che sono penso veramente degli unica nel, tra le varie città, perché sono tante, sono meravigliose, e quindi è una città che in silenzio ci sta davvero poco, un po’ perché parla da sola, perché talmente tante emozioni ti fa provare che alla fine senti l’eco della storia, e anche è stata una storia molto molto ingarbugliata dall’inizio, quindi è tanto, c’è tanto da dire…
Simona: a me viene, quando ho letto questa parte mi è venuta in mente quella storia che hai fatto una volta su Instagram, eri, cercavi un bar nel tuo quartiere, stavi, dovevi studiare e hai trovato questo posto con i tizi accanto a te che chiacchieravano, cioè ho pensato, mi è venuta in mente certamente Roma, camminando comunque si sente sempre questo **, che poi ovviamente parlano tante persone non senti le parole, ma senti proprio questo **, no, nell’aria, lo senti a Roma, e poi mi è venuta subito in mente questa, queste persone al tavolino che chiacchierano tra loro, la storia che hai fatto, di cosa parlavano quelle persone al tavolino, raccontami…
Giulia: sì, è andata così, io stavo vagando nelle mie solite, i miei soliti itinerari senza meta e un cameriere, un signore anche di una certa età mi sorride e io stavo vagando e decido di sedermi perché questo sorriso mi aveva colpito molto, perché era molto autentico, mi siedo e come capita sempre, ehm, non lo so, mi capitano delle esperienze, quindi mi siedo e inizio a, mi stavo leggendo un libro, però dietro di me sento parlare queste persone che erano persone di quartiere perché ero a Testaccio che è uno dei quartieri dove la romanità si, si sente parecchio, infatti uno di, erano tre signori al tavolo, vicini di casa che ogni sera vanno lì probabilmente a bersi una cosa prima di tornare e andare a cena dalla loro famiglia e loro stavano lì e uno fa ma che ne sanno l’altri de quando a Testaccio in estate tirava er venticello, io non rendo giustizia al mondo in cui l’ha detto ma mi ha fatto morire, che ne sanno l’artri, questa è proprio una frase idiomatica direi dei romani, cioè ma loro ma, cioè, come possono capirlo, no? E questo si può dire per un sacco di altre cose di Roma, però ehm, ehm, cioè era proprio un momento di condivisione, cioè è questo vociare che è condividere storie, e la signora che raccontava del, del fatto che non sapeva più che ciliegie comprare al mercato, allora quali compro, io compro le spagnole, e l’altro fa ma che sei matta, no, devi comprare quelle del Lazio, cioè, poi l’altro, poi passa l’altro e fa ah ma tuo nipote è nato?, No, ancora no, adesso, tra un mese, così, eh ma come lo chiamate?, e l’altra signora, un’altra signora che stava portando a spasso il cane, io ero seduta, lei mi guarda e mi fa, sorridendo, aho attenta che mozzica! Cioè, la gente parla tanto…
Simona: ecco qua, un esempio da vicino di questo vociare **, non come le cicale, perché non è come il rumore delle cicale quello di Roma è un po’ più morbido, è proprio **…
Giulia: ti fai tante risate…
Simona: poi se ti avvicini ad ascoltare, quindi questa è un’esperienza che consigliamo magari no agli stranieri che vengono qui, cioè ascoltare prima questo ** che c’è nell’aria, poi magari avvicinarsi a un gruppo di romani che stanno chiacchierando e vedere ma che si stanno dicendo in questo momento?, quindi facciamo incarnare questa esperienza, va bene, cara Giulia, allora passiamo a un’altra, a un’altra, a un altro estratto del libro…
“A Roma bellezza e degrado sono indistinguibili. Questo contrasto era così violento da trasformarsi in qualcos’altro, una sostanza al tempo stesso euforizzante e brutale, squisita e rozza come il vino da cui attingono gli dei della distruzione, e faceva sì che Roma ispirasse in chi la attraversava un senso di continuo affrancamento, un’indulgenza plenaria, un alleggerimento delle responsabilità capace di generare dipendenza. A Roma, ognuno fa come cazzo gli pare, era questo il leitmotiv”.
Allora, questa sostanza inebriante no, che a Roma c’è proprio questo contrasto bello, bellissimo, e degrado perché l’abbiamo visto anche prima passeggiando, no, cioè le strade sono di uno sporco indicibile, come a Bari d’altronde eh non, non dico che manca anche da me, assolutamente, poi trovi la bellezza, trovi questo, e da quel cioè, secondo me descrive molto bene quel senso di vabbè, alleggeriamo ogni responsabilità e ogni controllo su noi stessi perché tanto qui le regole non si rispettano, quindi rilassiamoci e facciamo anche noi come cazzo ci pare sostanzialmente…
Giulia: allora, è un bellissimo passo questo che hai letto che può essere letto su tantissimi livelli secondo me, allora, che a Roma la bellezza sia indissolubilmente legata al degrado è, secondo me, ciò che rende poi veramente Roma inebriante, come dice Lagioia, cioè, è un tipo di emozione, di sensazione che è difficilmente trovabile altrove e che smuove nel profondo.
Quando si parla di degrado, secondo me lo si può leggere su vari livelli a Roma, cioè il degrado sia quello delle strade sporche, del cassonetto strabordante davanti al Colosseo e dici ma come, come, sì, cioè, ti chiedi, ma com’è possibile che di fronte a una delle meraviglie più grandi del mondo ci sia questo degrado, però è anche il degrado insito nelle rovine stesse, cioè il fatto che se tu osservi per esempio il Pantheon, il Pantheon nel timpano ha dei buchi, è rotto, cioè non è perfetto, i monumenti romani non sono perfetti, il Colosseo è rotto, è degradato già, già lui è degradato, è una bellezza ferita in alcuni casi che abbiamo visto l’usura del tempo che, a volte ti chiedi ma come ha fatto a resistere, cioè, è rimasta e ha tutte queste cicatrici, ecco, per esempio quei buchi che vediamo nel timpano del Pantheon, uno si chiede ma che cosa sono quei buchi? Io me lo sono chiesto. Mi è stato detto di tutto, cioè ho sentito storie, sono colpi di fucile della seconda guerra mondiale, e io ho fatto ma come cavolo ti viene in mente, come è possibile, e no, infatti non era così ma sono i buchi che servivano per stabilizzare, per inserire delle lastre di bronzo che venivano usate come decorazione…
Simona: okay, niente pistole allora e armamenti vari…
Giulia: no perché uno poi si chiede ma come, com’è possibile che ci sono dei buchi su un monumento, erano dei punti di affissione, quindi che, cioè immaginiamoci um Pantheon tutto splendente di metalli preziosi, è totalmente diverso da come lo vediamo oggi, cioè, è una bellezza degradata, è una bellezza in decadenza, ma anche i palazzi, i palazzi che sono scrostati, io li chiamo sdruciti, è proprio, è tipo il panno che a forza di lavarlo perde il suo colore originale, e però acquista quel colore un po’ più caldo, quella tonalità un po’ più vissuta, io ve li vedo così i palazzi di Roma, ehm, sono belli perché non sono perfetti, è una bellezza imperfetta che poi ti fa sorgere quella serie di sentimenti tipo, ti fa sentire più a tuo agio, perché non ti tiene a distanza, perché è già stata ferita, se uno può ferire il Pantheon, se puoi ferirei l Colosseo quella bellezza non há paura di te e tu non hai paura di lei, perché ci fermiamo sempre, cioè di fronte a questi monumenti noi ci fermiamo e poi c’è un’essenza che non possiamo valicare, cioè possiamo, sì, possiamo togliere il bronzo, possiamo togliere gli orpelli, i marmi colorati, però poi rimane un’essenza che è intoccabile perché è quasi sacra, e questo è quello che permette poi a questi luoghi secondo me di resistere nel tempo, perché c’è un distanziamento che non riesci a valicare, di fronte al quale sei come immobile, però non è mai quel senso di bellezza che ti giudica, di bellezza che ti sovrasta in maniera asettica, in maniera impersonale, cioè tu con quei posti ci entri in relazione proprio perché sono quasi diventati umani, quindi sì io ci vedo…
Simona: la parte positiva del degrado…
Giulia: io ci vedo la parte positiva perché è una delle cose che sento non solo cioè da parte mia, ma sento anche da parte di molti miei follower o di molte persone con cui parlo o che vengono a Roma e la apprezzano in maniera, con uno sguardo magari più attento all’essenza che all’apparenza, sento che poi sono questi dettagli che ti fanno affezionare, che ti fanno sentire a casa, il fatto che sia una bellezza imperfetta che scende quasi al tuo livello però ti innalza, c’è una frase bellissima di Goethe che dice, non mi ricordo esattamente le parole, ma dice che le bellezze di Roma ti innalzano lo spirito fino alla loro altezza, cioè guardando i Fori Imperiali lui sentiva questo, sentiva che veniva innalzato perché mi viene da pensare è una bellezza che si mette quasi al tuo livello, però poi è talmente più grande di te che ti innalza insieme a lei, e questo è molto generoso secondo me per una città…
Simona: e questo senso invece, questa cosa di cui parla no, questo senso di affrancamento, nel senso di alleggerimento nei confronti anche dell’autorità, perché a questa cosa, mi è venuto in mente questo articolo che ho letto un po’ di tempo fa che diceva, avevano fatto degli studi sul modo diverso in cui le persone si comportano quando entrano in bagno se il bagno è già, è pulito lucido e brillante, o se invece il bagno in cui vanno fa schifo, cioè nel senso è sporco, c’è roba per terra, insomma vedevano proprio la differenza, quando c’è maggiore pulizia, maggiore ordine, l’atteggiamento è di rispecchiare questa pulizia e questo ordine, nei bagni schifosi la gente si comportava in modo ancora più schifoso, trattandolo come, come una roba, una latrina, appunto, cioè usiamo la parola latrina, lo trattava proprio in quel modo, quindi più pulito era più c’era controllo, più ordinato e pulito era, e questa cosa, vari episodi che sono successi a Roma da parte magari di stranieri che hanno, non so, fatto il bagno la fontana di Trevi, cosa che magari nel loro paese di origine non avrebbero mai fatto, per dirti no, o l’ultimo episodio di quella donna americana che ha lanciato il monopattino dalle scale perché non, chissà perché, cioè sono esempi, pochi, due piccoli esempi però che comunque, ed è questo senso di alleggerimento, ti ho già detto, me l’há già comunicato, è sempre no, come tutto, positivo e negativo, questo senso di alleggerimento dalla pressione me l’ha comunicato anche quel mio studente americano che ti dicevo no, e lui mi diceva non so quando incontro gli americani in Italia, e lui era a Roma nello specifico, mi diceva non lo so persone che in America non mi rivolgerebbero mai la parola, cioè in Italia le vedo che vogliono parlare, vogliono conoscermi, cioè prendono una confidenza che nel mio paese, in America, magari non si prenderebbero, allora si percepisce, dà questo senso di alleggerimento, di affrancamento, però vedi positivo perché libera gli istinti ed è sempre bello liberare l’istinto e rilassarsi, ma anche negativo, che mi dici di questo?
Giulia: ti dico che è correlato secondo me al discorso che facevamo prima sul fatto che se la città in un certo senso è lasciata a se stessa finché praticamente non resta solo l’essenza, perché tutto ciò che magari potrebbe essere preservato meglio alla fine a livello di gestione pubblica non viene tutelato fino in fondo, quindi appunto il monumento che magari in un altro paese sarebbe valorizzato al mille per mille, sarebbe ristrutturato e messo a lucido, qua invece viene lasciato come se fosse normale avere un monumento di quel tipo e fosse scontato, diamo molto per scontato la bellezza di cui siamo circondati, questo poi a cascata secondo me ha una serie di, cioè è proprio una cosa culturale, è un fattore culturale che fa sì che non solamente gli stranieri che vengono qua ma i romani stessi non rispettino le regole, cioè se penso a cosa vuol dire guidare in centro a Roma, io ho degli amici che magari vivono in campagna vicino Roma, arrivano qui con la macchina e rimangono traumatizzati, che è la giungla, cioè è la giungla, una volta che hai imparato a guidare a Roma e a Napoli, puoi guidare ovunque…
Simona: e anche a Bari aggiungo…
Giulia: cioè è una guida che, veramente, senza regole, cioè il parcheggio è inventato…
Simona: atletico…Giulia: è sportivo, è un parcheggio sportivo, vedi cose, cioè c’è una pagina Roma un post dove ogni tanto mettono le foto di come vengono parcheggiate le Smart perché è la macchina diciamo che più si presta a questo tipo di acrobazie, vengono lasciate veramente in tutti i modi, quindi cioè Roma è una città che a volte non ha regole, cioè molto spesso non ha regole, con tutto ciò che comporta di positivo e di negativo
Allora, che te ne pare? Ti è piaciuto? Ti è venuta voglia di partire per Roma? Se sì, ne sono davvero felice.
Ci sentiamo il prossimo mese con la seconda parte, per adesso, grazie per il tuo ascolto.
Ciao!
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