Storia di Italia e del sud Italia (II): intervista

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Seconda parte dell’intervista di questo mese in cui abbiamo ripercorso con la mia professoressa del liceo, Giulia Schiavone, gli episodi principali della storia d’Italia e del sud Italia, nello specifico, dal secondo dopoguerra sino agli anni sessanta, attraverso la narrazione della biografia di Addolorata Spagnolo, nonna della mia professoressa. La biografia di questa donna del sud è un riflesso locale della storia nazionale italiana. Storia d’Italia, condizione del sud Italia, condizione femminile nel sud, memoria storica e importanza dei monumenti storici: questi sono i temi che ascolterete in questa intervista.

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Storia di Italia e del sud Italia (II): intervista
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Trascrizione

State ascoltando “le cose italiane”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.

Per adesso buon ascolto dell’intervista “Storia d’Italia e storia del sud Italia attraverso la vita di Addolorata Spagnolo. Intervista alla mia professoressa (parte 2)”.

 

INTERVISTA

Ciao, e bentornati e bentornate all’intervista di questo mese!

Questa è la seconda parte dell’intervista fatta alla mia professoressa in cui parliamo di storia d’Italia e del sud Italia, dal secondo dopoguerra sino agli anni sessanta, attraverso la narrazione della biografia di Addolorata Spagnolo, nonna della mia professoressa. La scorsa settimana abbiamo concluso con l’accenno ad un episodio sanguinoso della storia del mio paese, Francavilla Fontana, e cioè l’eccidio dei fratelli Chionna, due fascisti. Oggi ripartiamo da lì per darvi un’idea del clima che si respirava in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, clima che vi aiuterà a contestualizzare meglio l’operato di Addolorata Spagnolo, la cui vita racconteremo oggi in modo più dettagliato.

Quindi, come sempre, non mi resta che augurarvi un buon ascolto!

INTERVISTA

Allora, fino ad ora la professoressa ci ha illustrato gli episodi focali, gli episodi principali della storia nazionale dal secondo dopoguerra fino agli anni 60-70. Adesso facciamo un passo indietro e torniamo agli anni del secondo dopoguerra e quindi al periodo successivo alla caduta del Fascismo in Italia. Adesso la professoressa vi racconterà un episodio terribile della storia del nostro paese, della storia di Francavilla Fontana e cioè l’eccidio dei fratelli Chionna, due fratelli di fede fascista, due fascisti, praticamente, e la professoressa vi racconterà questo episodio per darvi un’idea concreta del clima di quel periodo, clima che vi aiuterà, una volta definito, a contestualizzare meglio l’operato di Addolorata Spagnolo, della nonna della professoressa, perché dopo la caduta del Fascismo ciò che si doveva ricostruire era proprio la democrazia, ma la democrazia non solo politica, ma anche la democrazia dei comportamenti umani e delle relazioni umane.

Quindi adesso professoressa, le lascio di nuovo la parola e prego ci illustri l’episodio dell’eccidio dei fratelli Chionna avvenuto…

Sì, avvenuto tra l’otto e il nove maggio del 1945. Il 25 marzo di quello stesso anno era accaduto qualcosa che preparò poi quell’eccidio successivamente perché fu tenuto un discorso antifascista a nome del comitato di liberazione che fu interrotto da grida provocatorie. Due giovani del movimento giovanile comunista furono aggrediti e bastonati. La sera successiva un gruppo di giovani comunisti causò la distruzione della sede del partito liberale e del circolo cittadino, colpendo in seguito le case dei fascisti più noti. Poi il gruppo si diresse a casa dello squadrista Francesco Chionna che ne ferì quattro. Francesco Chionna fu arrestato, poi fu messo in libertà provvisoria e ritornò a Francavilla, e in seguito l’otto maggio, il corteo del comitato di liberazione sfilava per festeggiare la fine della guerra, quando giunto vicino all’abitazione dei Chionna, Francesco si affacciò alla finestra e Salvatore si collocò sulla soglia con un atteggiamento di sfida. La stessa sera un gruppo di giovani comunisti si recò a casa dei Chionna per chiedere spiegazioni riguardo a questo atteggiamento provocatorio, e qui scoppiò un diverbio che finì nel sangue perché Salvatore Chionna per proteggere il fratello uccise Cosimo Carrieri e Cosimo Pesce. Il corpo di quest’ultimo fu trascinato all’interno dell’abitazione. Alla notizia di quanto era accaduto si riunì una grande folla nei pressi della casa dei Chionna. Per tutta la notte i carabinieri, comunque in numero insufficiente per calmare la folla, chiesero la restituzione del corpo di Pesce tanto che furono visti anche dei rinforzi da Brindisi. All’alba la folla diede fuoco alla casa, uccise i due fratelli e poi li bruciò in Piazza Umberto I gridando “al rogo!”. In piazza, il giorno seguente, fu versata della calce in polvere nel punto dove era avvenuta la tragedia e nel pomeriggio passò in processione la Madonna della Croce.

Come se niente fosse accaduto, certo, facciamo passare una bella processione religiosa, perché no?

Quindi questo Simona che cosa vuol dire per te? Secondo te può indicare un clima disteso o un clima difficile?

Ma, decisamente un clima difficile professoressa, un clima di incertezza, di insicurezza, di rabbia, di caccia alle streghe, di assenza di valori a cui fare riferimento, soprattutto secondo me di assenza di valori a cui fare riferimento, perché alla violenza del carnefice si risponde con altra violenza, le vittime diventano i carnefici in questo caso, ed è proprio questa la cosa che mi turba di più di questo episodio, cioè l’incapacità di rispondere in modo diverso alla violenza ecco, perché io onestamente non giustifico nessun tipo di violenza che sia fatta dai carnefici o sia fatta dalle vittime.

E io sono, sono d’accordo con te.

Non avevo dubbi professoressa. Va bene, e quindi, dopo questo brutto episodio. dopo la narrazione di questo brutto episodio, passiamo a qualcosa di più ispirante e passiamo a sua nonna, passiamo a parlare, professoressa vorrei che adesso ci parlasse delle attività politiche, civili e sociali di sua nonna nella comunità di Francavilla Fontana.

Allora mia nonna è sicuramente animata da uno spirito combattivo, è una donna intraprendente che si da da fare e poi è indubbiamente sorretta da una forte fede religiosa e da valori morali saldi, quindi contribuisce attivamente alla ricostruzione del paese a livello locale e quindi al benessere della comunità. In primo luogo accompagna il, suo marito che fonda la sezione locale della Democrazia Cristiana, no? Poi fa parte dell’associazione cattolica, poi dell’associazione cristiana degli artigiani italiani, anche perché è una brava ricamatrice, quindi conosce l’arte del ricamo, e questo sarà poi l’inizio di un percorso. Sicuramente la morte del marito segna una cesura fondamentale nella storia di questa donna perché da quel momento, come ho detto in precedenza, Addolorata, anche per necessità, è costretta a buttarsi a capofitto nelle, nelle sue attività, anche perché le cure di sua figlia hanno un costo elevato e comunque c’è una famiglia da portare avanti e, e c’è sicuramente anche un interesse legato alla comunità che Addolorata non vuole trascurare. Infatti il suo impegno nel campo sociale ed imprenditoriale prima di tutto la spingono a portare fuori, alla luce tante donne che sono abili nel ricamo, nella cucitura e nella tessitura. Si tratta spesso di donne orfane, nubili, oppure di vedove che appartengono magari a famiglie numerose di estrazione sociale modesta con una scarsissima capacità di poter sopravvivere assicurandosi una vecchiaia serena e sicura dal punto di vista economico. Quindi Addolorata si da da fare per convincere queste donne a mettere a frutto quest’arte che possiedono no? E lo fa in un momento in cui non esiste ancora un sistema di previdenza, e questo è un elemento cruciale perché successivamente con l’impegno politico, in particolare negli anni dal 1960 al 1964, quando la nonna viene eletta consigliere comunale, porterà a compimento quest’opera di promozione della, di una certa parte della società francavillese. Lei è la prima donna eletta consigliere comunale in un periodo in cui la donna appunto è considerata inferiore all’uomo ed è una sorta di scandalo per la mentalità patriarcale del sud partecipare ad attività pubbliche. In effetti la grande casa di Piazza Umberto diviene punto di riferimento di tutte queste persone, in particolare queste donne, che vedono un, un modo per promuovere la propria vita e per avere finalmente una luce di speranza nella propria esistenza. A queste donne in particolare che vengono, che sono già formate, oppure che vengono formate da Addolorata, viene affidato il compito di realizzare, per esempio, i corredi per le, per le famiglie agiate della città e non solo, poi l’attività di queste donne si articola in due momenti: la formazione appunto nel laboratorio artigianale e la promozione appunto del, del prodotto realizzato nelle fiere. La situazione della comunità di Francavilla non era semplice, c’è una testimonianza che vorrei leggerti tratta dal, dal testo della scuola media Virgilio che riguarda una missiva, una lettera del 1951 indirizzata dall’avvocato Gargiulo, allóra sindaco, all’ispettore agrario compartimentale di Bari.

Questo comune che conta circa 30000 abitanti in gran parte contadini si trova nella situazione di particolare gravità per l’impressionante numero di famiglie senzatetto. Trattasi di numerose famiglie che vivono in caseggiati in parte diruti alla periferia del paese, senza un minimo di conforto, mentre numerosissime altre famiglie vivono in un’unica stanza in una promiscuità di sessi e di età che offende anzitutto la dignità umana, oltre che la morale. Questa amministrazione preoccupata da una situazione del genere ha interessato le autorità responsabili, quali il prefetto della provincia l’onorevole professor Giulio Cesare Caiati, il capo dello stato, il presidente del consiglio dei ministri, e altri ancora, affinché l’annoso e grave problema di Francavilla, paragonabile sotto alcuni aspetti a quello dei sassi di Matera, venga decisamente affrontato e risolto.

Quindi questa testimonianza può darci un’idea di quale fosse la situazione in cui versava Francavilla, e di quale possa essere stato il significato dell’azione di, di nonna, di nonna Addolorata.

Certo, quindi diciamo che Francavilla Fontana, il comune di Francavilla Fontana, era in una condizione di estrema povertà, perché appunto come abbiamo detto all’inizio la maggior parte della popolazione era composta da contadini, ma contadini che lavoravano per grandi latifondisti, quindi non contadini che lavoravano in proprio, che avevano delle proprie terre che lavoravano in proprio, ma contadini che lavoravano per altri, per i grandi latifondisti, quindi condizione di estrema povertà.

E sua nonna appunto ha, come dire, svegliato le coscienze di queste donne che senza di lei non avrebbero mai pensato di poter sfruttare la loro abilità nel cucito e trasformarla in un lavoro per poter sostenere se stesse e garantirsi una vecchiaia dignitosa, una pensione, ma anche per migliorare le proprie condizioni di vita, e questa per una questione culturale perché ricordiamo in questo periodo è l’uomo che sostenta la famiglia e quindi da donne si cresce con l’idea che si diventerà madri e mogli e non si diventerà lavoratrici. Ecco, e qui il grande contributo, secondo me, di sua nonna che ha appunto svegliato le coscienze di queste donne dicendo “voi sapete fare questo, sapete cucire, e vi garantisco che potete trasformare questa vostra abilità in un lavoro per garantirvi una vita dignitosa”.

Sì, dici bene, lei, lei ha dato la speranza, ha dato, ha donato a queste persone la consapevolezza della propria condizione, quindi l’idea che si possa uscire da una certa condizione e migliorare per il proprio futuro e commettendo.

Ecco, mettendoci però lei la capacità imprenditoriale che magari alle altre mancava.

Sì!

Bene, allora professoressa lei prima ha parlato delle donne a cui sua nonna Addolorata ha rivolto la sua attività imprenditoriale, ha parlato di donne nubili, quindi donne non sposate, di ragazze orfane, ha parlato di corredo.

Sì!

Benissimo, io direi che per capire appieno il ruolo di sua nonna nella comunità francavillese, dovremmo spendere qualche parola sulla vita della donna nel sud in quegli anni e quindi come crescevano le donne nel sud in quegli anni? A cosa potevano aspirare? Qual era la loro formazione? Mettiamo formazione tra virgolette, quindi com’era la vita della donna nel sud, in quegli anni? E mostrando questo potremmo capire ancora di più il ruolo incisivo che ebbe sua nonna con il suo operato.

Ehm, allora, prima ho toccato un po’ di striscio la storia dell’emancipazione femminile in Italia, ho indicato, per esempio, una tappa importante che riguarda il referendum del ‘46 e il suffragio femminile, quindi la possibilità per le donne di intervenire per la prima volta attivamente nella, nella vita politica, la possibilità quindi di poter decidere.

Naturalmente questo è un discorso generale perché la situazione della donna cambia a seconda di dove ci si trova, sicuramente al sud la condizione della donna è più arretrata, come ho detto precedentemente, rispetto ad altre situazioni. La donna ha un ruolo esclusivo di figlia, di moglie, di madre, quindi un po’ ai margini della società. Se lavora, lavora prevalentemente come bracciante agricola e quando la stagionalità dei lavori agricoli lo consente si occupa della realizzazione del corredo nuziale, la dote necessaria per permettere ad una figlia di sposarsi.

Quindi cucire, ricamare, rammendare, oltre alle altre attività domestiche, erano le attività utili per incrementare gli scarsi mezzi economici delle famiglie che avevano un livello di alfabetizzazione molto basso o inesistente e un grado di istruzione minimo. Per quanto riguarda l’istruzione delle donne, dunque le materie di insegnamento nelle classi elementari femminili, perché le donne erano divise dagli uomini, le femmine ogni mese dai maschi, comprendevano oltre all’ imparare a leggere, scrivere e far di conto, anche il catechismo e i cosiddetti lavori donneschi. I lavori donneschi rivestivano un ruolo importante perché in questo modo le famiglie avevano la possibilità di affidare le bambine alle cosiddette mestre, le mestre che insegnavano a cucire, a lavorare a maglia, ad utilizzare il fuso oppure a ricamare. Quindi anche nelle famiglie più altolocate, le ragazze concludevano gli studi intorno ai 12-14 anni, dai 16 anni poi venivano, diventavano ragazze da marito, e quindi aspettavano il matrimonio, se superavano i 25 anni senza essersi sposate erano già considerate zitelle. Le ragazze quindi si occupavano di piccole faccende domestiche, ricamavano qualche capo di corredo, si occupavano di, si dilettavano anzi di musica, leggevano testi sacri oppure operette morali. Avevano poche occasioni sociali, soprattutto in certe realtà ristrette come poteva essere Francavilla, quindi le feste in casa dei parenti e degli amici in occasione di matrimoni e battesimi, la messa domenicale, la passeggiata in compagnia dei familiari, erano le occasioni per incontrare un possibile marito. Questo marito poi alla fine molto spesso veniva scelto dalla famiglia e alle ragazze non restava da fare altro che accettare.

Nelle classi più povere poi l’età di matrimonio era ancora più bassa. Non disponendo di una dote consistente le ragazze sapevano di dover conservare intatta la propria verginità. Quindi quando si faceva la fuitina, cioè la fuga d’amore, dei due fidanzati questa situazione era sempre moralmente condannata e le famiglie desideravano sanare al più, al più presto l’irregolarità degli eventi attraverso un frettoloso matrimonio riparatore, quando le cose avvenivano in questo, si combinavano in questo modo le famiglie più povere si risparmiavano le spese della dote e dei festeggiamenti.

La dote che faceva parte del contratto matrimoniale, quindi era un, un, un obbligo fu di fatto abolita con la riforma del diritto di famiglia del 1975. Quindi la dote includeva tutto ciò che serviva nella vita quotidiana della casa, dalle lenzuola, alle coperte, al coprimaterasso, agli asciugamani, ai fazzoletti, i tappeti, tutto ciò che poteva essere utile. Quindi lei le cosiddette maestre o mestre, per utilizzare un termine dialettale, erano delle persone spesso di bassa cultura e di bassa estrazione sociale che comunque godevano di una buona fama, erano nubili o vedove, erano timorate di Dio, erano comunque conosciute dai parroci locali e quindi erano ritenute delle persone fidate a cui venivano affidate le bambine. Quindi c’erano le bambine che andavano a scuola e che dopo la scuola si recavano dalla maestra per svolgere le attività di cucito e di ricamo. C’erano poi quelle che non andavano a scuola per, per niente, e quindi la casa della maestra diventava la sua scuola, quindi durante l’inverno queste bambine si raccoglievano all’interno della casa possibilmente davanti alle finestre della mestra e qui svolgevano le attività, nei momenti di pausa facevano la merenda sedute sulle loro seggioline, facevano due chiacchiere, di solito erano consigli che, che le giovani ragazze richiedevano magari alla maestra, oppure recitavano il rosario. Nelle ore pomeridiane invece della stagione estiva quando faceva più caldo, lungo le vie oppure sulla soglia delle case, nelle vie del centro storico, si potevano vedere sulla porta di casa queste donne impegnate nel ricamo o nei lavori all’uncinetto, oppure nel cucito, oppure nella filatura della, della lana. Naturalmente non c’erano solo le mestre che insegnavano questa attività ma anche gli istituti religiosi, gestiti da suore o monache, si occupavano delle ragazze, oppure le case private diventavano dei veri e propri laboratori artigianali come effettivamente accade per i laboratori creati da nonna Addolorata in vari punti della città di Francavilla a seconda anche delle esigenze.

In più nonna Addolorata che cosa fa rispetto a queste, alle mestre diciamo così locali? Promuove, promuove i prodotti quindi li porta fuori dalla comunità di Francavilla, li porta in tutta la Puglia oppure al di fuori della Regione e sicuramente io credo che se avesse avuto la forza, l’energia avrebbe anche continuato in questo lavoro perché a giudicare dai racconti di mio padre o dalle testimonianze della famiglia c’erano tanti progetti che bollivano in pentola che poi per un motivo per un altro, anche per il sopraggiungere dell’età tarda, non sono stati portati a termine.

Ecco e di nuovo ritorniamo al concetto della imprenditorialità, perché ripetiamo senza sua nonna, senza l’idea di sua nonna, tutto questo non sarebbe iniziato. Se lei non si fosse presa questa responsabilità, perché è stata una grande responsabilità appunto, tutto questo non sarebbe iniziato e questo secondo me, questa storia, la storia di sua nonna ci dice tanto sull’Italia, e ci dice tanto anche sul Sud Italia, lei invece cosa pensa professoressa, cosa, cosa ci dice secondo lei la storia di sua nonna?

Beh, io credo che la storia di mia nonna dica che ha avuto un grande coraggio nella, nell’intraprendere questo percorso in una società patriarcale, lei si è assunta delle responsabilità e dei rischi, rischi non indifferenti di fronte ad una comunità arretrata sotto diversi punti di vista, una società che poteva anche giudicarla e ferirla. Quindi per me ha dimostrato di valere e di saper mettere a frutto capacità che erano necessarie ad un paese come l’Italia in quel momento storico, e poi credo che abbia dimostrato una dote che si chiama lungimiranza che spesso manca ai nostri governi, cioè il saper costruire oggi per il futuro, per le future generazioni, quindi la storia di una donna qualunque di un qualunque paese della provincia meridionale diventa, alla fine, una storia esemplare, insomma la storia di tante donne del sud, ma anche di tante donne italiane alla fine.

Storia che adesso abbiamo rappresentata nel nostro paese di Francavilla Fontana, perché il comune di Francavilla Fontana ha intitolato un parco a sua nonna, giusto?

Sì, nel 2019 il comune di Francavilla, in accordo con l’assessorato alle pari opportunità, ha promosso un progetto rivolto alle scuole medie dal titolo Un parco per una donna. L’obiettivo era quello di stimolare negli studenti un lavoro di ricerca sul ruolo storico politico e culturale ricoperto da alcune donne nella, nella città. Nel mese di novembre si è svolta la cerimonia di intitolazione di tre parchi cittadini a tre donne che hanno dato un contributo allo sviluppo della città. Infatti alle donne sono intitolate solo una quindicina di strade cittadine, quindi per una questione di pari opportunità è sembrato giusto, insomma, progettare in questo senso. Gli studenti della scuola media Virgilio, guidati dal professore Rosso, si sono occupati della nonna Addolorata alla quale poi è stato intitolato il parco di via Cotogno nei pressi della stessa scuola media Virgilio.

Ecco, e a proposito di questa iniziativa di intitolare vie o parchi a figure femminili singolari, ecco sarei curiosa di conoscere il suo punto di vista a riguardo, perché in molti e in molte pensano che non è in questo modo che si raggiunge la parità di genere perché le cose da fare in tale direzione sono altre e che quindi questa iniziativa sia sostanzialmente un contentino che non contribuisce in nessun modo al raggiungimento della parità di genere. Io personalmente non sono pienamente d’accordo con questa idea perché credo che anche le città siano una fonte di narrazione dell’identità nazionale o locale, e che quindi anche le vie delle città raccontano chi siamo e quale parte della storia abbiamo deciso di raccontare, quali personaggi abbiamo voluto prendere come modelli di riferimento, e in tal direzione io credo che quello che è successo con il movimento di Black Lives Matter la dica lunga a riguardo, perché appunto la prima cosa che queste persone hanno attaccato, queste persone che non si sentono rappresentate nella società, la prima cosa che queste persone hanno attaccato sono appunto i monumenti storici. Quindi una parte della società non rappresentata è insorta e come primo atto simbolico per manifestare questa insofferenza e questa mancanza di rappresentazione, questa mancanza di rispetto dei diritti, dei propri diritti, ha attaccato i simboli della storia nazionale, simboli di cui loro non facevano parte, ecco perché questo evento della nostra storia contemporanea è emblematico, ma non so professoressa mi dica lei cosa pensa di questo?

Guarda, i monumenti e le strade sono portatori di messaggi, questo è poco ma sicuro. Più volte mi riscopro, soprattutto in questi tempi così difficili, a passeggiare per prendere un po’ d’aria, naturalmente a distanza da tutti, per le strade cittadine e mi riscopro a osservare palazzi, le case di un tempo e ti dico che mi emoziono quando osservo determinati particolari o quando scopro nuovi particolari. In questi giorni, per esempio, mi è capitato di osservare la vecchia casa, la casa sobbra li suppenne di Piazza Umberto I e, e sembra davvero come la definiscono gli alunni della scuola media Virgilio nel loro prodotto, sembra davvero un gigante ferito, con le sue crepe, l’erbaccia che cresce tra queste crepe, il portoncino semi divelto, e provo emozioni contrastanti. E allora il pensiero che una piccola parte della storia della mia famiglia e della storia di questa comunità possa essere ricordata attraverso Addolorata Spagnolo a cui è stato intitolato un parco, questa idea, insomma, mi ripaga, mi ripaga di tanti pensieri negativi, quindi ben venga la toponomastica dedicata alle donne che non sono per niente un contentino, ma sono persone che hanno fatto la storia come tante altre, e quindi abbiamo bisogno di questa memoria storica.

Aggiungerei memoria storica che ci rappresenti tutti da nord a sud, da est a ovest, da un genere all’altro, perché poi le storie che non vengono raccontate corrono il rischio di diventare invisibili e quindi di non grande importanza agli occhi degli altri. Se la mia storia non è raccontata allora non sono importante, e questo, secondo me, è un rischio che dobbiamo evitare.

Va bene professoressa, io la ringrazio infinitamente per il suo contributo, non immagina che piacere mi abbia fatto poter chiacchierare con lei e soprattutto poter dare ai miei studenti, alle mie studentesse, a chi ci segue sui nostri canali la possibilità di sentire la sua voce e le sue parole, le sue idee. La ringrazio e la saluto.

Grazie Simona, grazie a te.

CONCLUSIONE

L’intervista finisce qui, e io ringrazio voi per essere arrivati e arrivate fino alla fine. Ci sentiamo alla prossima, con un’altra intervista e un’altra storia.

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