Caro diario,
questa settimana è dedicata interamente alla presunzione. Non mi soffermerò sull’etimologia di questa parola dal momento che ne parlo ampiamente nel video di YouTube della settimana. Qui dirò in generale che la presunzione è un atteggiamento mentale o comportamentale per cui una persona si attribuisce, spesso senza fondamento, competenze, meriti o autorità superiori a quelli che realmente possiede. La presunzione è in generale una tendenza a giudicare situazioni o persone senza una conoscenza adeguata.
Per alcune persone, la presunzione è una maschera per nascondere insicurezze profonde. Mostrarsi sicuri, anche senza basi solide, potrebbe essere una strategia per guadagnare approvazione o rispetto. La presunzione può nascere inoltre dall’incapacità di valutare realisticamente le proprie competenze o conoscenze, oppure può essere un modo per mantenere un’apparenza di superiorità o per difendere il proprio status in contesti estremamente competitivi o, infine, può semplicemente dipendere dall’ambiente e la cultura di provenienza.
Ciò che qui mi interessa è analizzare la presunzione nell’ambito dell’apprendimento di una lingua straniera. Come si manifesta? Perché si attiva?
Non smetterò mai di ripetere quanto la mentalità sia fondamentale quando ci si approccia all’apprendimento linguistico. La mentalità può determinare il successo o l’insuccesso di un percorso di studio. Per questo rifletto su questi argomenti, in questo spazio, e li condivido con i miei studianti. Imparare ad imparare è più importante di tutto il resto.
Ma torniamo alla presunzione, e cerchiamo di vederla in azione nell’apprendimento linguistico.
Per me, in questo ambito, la presunzione è di due tipi. Il primo tipo di presunzione è quando una persona crede di avere una padronanza della lingua maggiore di quella reale. Presunzione è minimizzare o sottovalutare gli errori, rifiutare feedback e critiche da parte dell’insegnante, sopravvalutare le proprie capacità, credere che la grammatica della propria lingua madre sia uguale a quella della lingua straniera.
Tuttavia, se questo primo tipo dipende dalla personalità dello studente, c’è un secondo tipo di presunzione che secondo me è più dannosa, e cioè la presunzione di sottovalutare la complessità e l’unicità dell’apprendimento linguistico.
Sì, sottovalutazione della complessità e dell’unicità dell’apprendimento linguistico, sì, questa per me è un tipo di presunzione molto dannosa.
Magari pensiamo che poiché siamo bravi in altre cose, poiché altre cose ci riescono molto bene, lo stesso accadrà con l’apprendimento linguistico.
Perché dico che questo tipo di presunzione è più dannosa della precedente? Perché ci blocca di più e ci fa percepire di più la fretta di imparare, la fretta di migliorare, la fretta di vedere progressi. Fretta e apprendimento linguistico vero non dovrebbero mai andare insieme. Presumere che l’apprendimento debba andare in un certo modo è dannoso, crea dei blocchi fortissimi.
Quando si studia una lingua non si deve presumere, si deve desumere, non si deve partire con aspettative troppo forti, idee di sé troppo definite, idee dei metodi di studio troppo definite: quando si studia una lingua bisogna seguire delle istruzioni, metterle in pratica, desumere durante il percorso, riadattare lo studio in base alle deduzioni fatte, in un processo di continuo ascolto di sé e di ciò che sta accadendo, senza disperarsi, senza bloccarsi se qualcosa non funziona. Se non facciamo progressi come dovremmo, a cosa o a chi ci stiamo confrontando? Esiste un percorso prestabilito di miglioramento? No, non esiste. Certo, esistono le certificazioni linguistiche che in qualche modo quantificano il miglioramento, ma siamo tutti e tutte consapevoli che queste certificazioni sono arbitrarie, si basano su generalizzazioni come tutte le cose basate sulla quantità e non sulla qualità?
Conosco persone che hanno preso una certificazione linguistica di livello alto ma che non rispecchiano quel livello.
Riflettiamo insieme per un attimo.
Devo memorizzare cinque parole a settimana perché se non lo faccio significa che non sto migliorando, inizio questo percorso, metto in pratica questa strategia ma non funziona, le cinque parole non riesco a memorizzarle, allora mi blocco, mi chiedo cosa ci sia di sbagliato in me, perché non impari: questo è un esempio di un approccio che nasce da presunzione.
Dovrei memorizzare cinque parole a settimana, ci provo, lo metto in pratica, mmmh per me funziona male, mi sono resa conto che per me funziona memorizzarne due a settimana, cambio il mio programma, lo adatto a me e vado avanti così, senza disperarmi ma con maggiore consapevolezza sul modo in cui imparo: questo è un esempio di un approccio che nasce da una deduzione.
Bisogna cambiare il punto di partenza, avere un atteggiamento deduttivo, e dunque flessibile, e non un atteggiamento presuntuoso e dunque rigido.
Quindi, qual è il punto? La teoria non serve a niente? I metodi non servono a niente, le tecniche non servono a niente? No, non è questo. Il punto è che bisogna decentrarsi quando si studia una lingua, bisogna iniziare a guardare il processo con un approccio meno rigido, con occhiali diversi da quelli con cui si guardano altre discipline, altri ambiti della propria vita. Lingua non è sinonimo di matematica, come non è sinonimo di tante altre cose. Se mi approccio alla lingua con le conoscenze che ho sull’apprendimento della matematica, è normale che la lingua non risponderà bene a questa conoscenza. Così come è presuntuoso giudicare una cultura diversa a partire dalla nostra cultura, è presuntuoso approcciarsi alla lingua con una rigidità che non le appartiene. Studiare una lingua è complesso, ma non impossibile. Studiare una lingua è un processo continuo di deduzione e riadattamento, studiare una lingua è un processo difficilmente quantificabile, unico per ciascuno di noi, difficilmente generalizzabile. Metti in pratica, deduci, ascoltati, sii flessibile, abbi pazienza.
So, caro diario, che è un ragionamento complesso, ma sentivo il bisogno di condividerlo. Se i miei studianti mi stessero ascoltando direi loro di riflettere attentamente su questo concetto e magari di scrivermi per dirmi cosa ne pensano perché rispondere alle e-mail è sempre un buon modo di fare pratica.
Alla prossima, caro diario, con nuove riflessioni e deduzioni.