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#29: La parola PAROLA

In questo episodio di livello avanzato vi parlerò della parola “parola”, e di tutte le sfumature di significato di cui è caratterizzata. Pensate alla parola “parola” della vostra lingua e a quanti significati ha, così alla fine potrete fare un confronto. Scopri di più su https://lernilango.com
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#29: La parola PAROLA
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Introduzione

In questo episodio di livello avanzato del nostro podcast vi parlerò della parola “parola”, e di tutte le sfumature di significato di cui è caratterizzata. Pensate alla parola “parola” della vostra lingua e a quanti significati ha, così alla fine potrete fare un confronto. 

Trascrizione 

State ascoltando “la lingua e le cose”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.

Per adesso buon ascolto dell’episodio “La parola ‘parola’”.

Ciao a tutti e a tutte, bentornati e bentornate nella rubrica “la lingua e le cose”.

Negli episodi precedenti vi ho parlato delle caratteristiche di alcune varietà della lingua italiana, come l’idioletto e l’italiano scolastico, ho esplorato l’italiano delle scritte sui muri e riassunto brevemente la politica linguistica portata avanti dal regime fascista.

Oggi, voglio dedicare questo episodio ad una parola italiana, che come la parola “cosa” è molto includente, e cioè la parola “parola”.

La parola, cioè la capacità di parlare, ci definisce come esseri umani, ed è non a caso il discrimine tra noi e gli altri esseri viventi; la parola regola, inoltre, il nostro rapporto con il mondo esterno.

Tutto ciò che è fuori di noi è parola, tutto ciò che è dentro di noi è anche parola, sebbene non molto spesso le parole da noi pensate corrispondano alle parole che diciamo ad alta voce, agli altri.

Conosciamo il mondo attraverso le parole, diamo un nome alle cose, spieghiamo i nostri sentimenti, esprimiamo i nostri pensieri, descriviamo, discutiamo, contrastiamo, apprezziamo e disprezziamo con le parole.

Esprimiamo insomma, attraverso le parole, tutto il bene e il male che ci sono in noi stessi.

La parola “parola” come la parola “cosa”, fa parte del cosiddetto lessico fondamentale cioè di quel gruppo di parole che costituiscono circa il 90% delle produzioni linguistiche italiane scritte e orali.

Oltre ad essere fondamentale è anche una parola estremamente includente perché, come potete immaginare, ha tantissimi referenti.

Infatti, a differenza dei tecnicismi (come fideiussione) non indica

una sola cosa, e soprattutto non ha un significato puntuale.

La parola fideiussione ha un solo significato, significa cioè (cito il Treccani) “contratto con cui un soggetto si obbliga nei confronti del creditore a soddisfare in via accessoria l’obbligazione del creditore”. Questa parola significa questo e nient’altro. 

La parola “parola“ invece può averne molteplici, di significati, se si rapporta con, se entra in contatto con altre parole.

“Avere il dono della parola” ad esempio significa essere molto bravi e brave a parlare in pubblico; se di un animale diciamo “gli manca solo la parola” ne stiamo esaltando l’empatia, la sua grande capacità di comunicare con gli esseri umani come un essere umano; dire “non ho parole” esprime l’incapacità di articolare in parole quello che si pensa, positivo o negativo che sia. 

Se qualcuno mi delude dirò “non ho parole”, se qualcuno mi stupisce dirò “non ho parole”, se qualcuno mi rende felice dirò “non ho parole per esprimere la mia gratitudine”.

La cosa interessante di questa parola italiana, su cui voglio concentrarmi adesso, è che può assumere in molti casi un diverso significato e valore (o prestigio) al singolare e al plurale.

Al singolare ha quasi sempre un’accezione positiva.

“Ti do la mia parola” significa ad esempio “giuro solennemente che ciò che dico è vero”, o “ti prometto solennemente di fare ciò che ti ho promesso”.

Per suggellare inoltre questi tipi di giuramento possiamo anche dire: “Parola d’onore!”.

Ad esempio: “Ti dirò la verità: parola d’onore!”, “ho sentito questa cosa con le mie orecchie, parola d’onore!”.

Un uomo o una donna “di parola” sono persone affidabili, di cui ci si può fidare, e che faranno sempre ciò che dicono, ciò che promettono.

C’è poi la parola suprema, definitiva, universale, scritta nei testi sacri, che è la “parola di Dio”: i fedeli ci credono fermamente, per loro è l’unica e possibile verità.

Se però la usiamo al plurale questa parola si negativizza, assumendo quasi sempre accezioni negative.

L’espressione “belle parole” non ha sempre un significato positivo: se ad esempio uso questa espressione per riferirmi a parole che sono parte di rituali (come le condoglianze e le felicitazioni) sto dicendo che sì, queste parole sono esteticamente belle ma vuote, e cioè sono solo parole di circostanza, non sentite veramente da chi le dice.

Certamente “le belle parole” possono essere davvero tali, come quelle di poeti e poetesse, sebbene anche loro possono essere accusati e accusate di “scrivere solo belle parole”, cioè preziosismi e raffinatezze letterarie senza sostanza o prive di impegno politico.

Ma dire “sono solo parole” o “parole parole parole” (come una famosissima canzone italiana di Mina), dicevo, dire “sono solo parole” o “parole parole parole” significa sottolineare l’inconsistenza, la vuotezza di queste parole che non riempiono la pancia, non soddisfano, non sono seguite da azioni, sono insomma fini a sé stesse. 

Nella canzone infatti, la cantante lamenta che tra lei e il suo amante? ammiratore? non so, comunque lamenta che tra loro ci sono solo parole d’amore, e nulla di più, nulla di più concreto. 

Ci sono inoltre tanti proverbi italiani in cui il plurale di “parola” ha questa accezione negativa.

Ad esempio “le parole non si infilzano”: infilzare significa passare da parte a parte un corpo solido, quindi capite che le cose che non possono essere infilzate sono cose senza corpo, appunto, senza sostanza.

O ancora, accezioni simili hanno i seguenti proverbi: “Le parole non riempiono il corpo”; “Le parole volano, i fatti restano”; “i fatti sono frutti, le parole foglie”; “sei tutto parole e niente fatti”; “con le parole non si paga il pane”.

In alcuni proverbi, però, è anche possibile vedere il grande potere, la grande forza d’azione che si attribuisce alle parole.

Non compreranno il pane, ma possono comunque essere armi molto potenti.

Ad esempio il proverbio “le parole feriscono come spade” sottolinea la forza di attacco delle parole, mentre il proverbio “le parole non lasciano lividi” ne sottolinea la forza pacata, non fisicamente violenta.

O ancora “le buone parole spianano le montagne” si riferisce alla incredibile forza persuasiva che parole dette bene possono avere.

Se chiedo a qualcuno “una parola, scusi!” voglio chiedergli qualcosa brevemente, voglio parlargli brevemente di qualcosa.

Ma se di qualcuno dico che “non sa mettere 3 parole in fila”, sto dicendo che parla malissimo, che non ha una buona competenza linguistica.

Negativo e positivo inoltre possono essere espressi dai suffissi che si attaccano alla parola “parola” (se non sapete cos’è un suffisso, vi invito a guardare il video sul nostro canale YouTube “i suffissi dei nomi italiani”).

Una parolaccia è una brutta parola, volgare. Una parolina o una paroletta è una parola piccola, soave, magari pronunciata a bassa voce.

Dante di Beatrice, la sua donna angelo, dice che pronuncia “parolette”, per sottolinearne la gentilezza (di queste parole).

Le parolette, però, possono anche essere parole senza importanza, stupide, infantili, di poco conto, contrapposte alle parole che contano. Detto questo, si capisce bene la differenza tra una letteratura di parolette ed una letteratura alta, impegnata.

Alle belle parole letterarie, infine, si contrappongono le parolone o i paroloni, cioè quelle parole tronfie, retoriche, gonfie, come ad esempio “funesta”, o “tronfio”, la parola che ho appena usato.

Quando usiamo il suffisso -one con la parola “parola”, possiamo formare sia il femminile quindi “una parolona” che il maschile “un parolone”, e quindi avere il plurale “le parolone”, o il plurale “i paroloni”. Con questo suffisso per questa parola possiamo creare dunque sia il maschile che il femminile.

Comunque, piccole o grandi, belle o brutte, gentili o non, positive o non, singolari e non, sono e rimangono solo uno strumento nelle nostre mani, anzi, nelle nostre bocche. 

E nella vostra lingua, invece, come è usata la parola “parola”? Come in italiano?

Con questa domanda, concludo anche questo episodio. Grazie per aver ascoltato fino alla fine e alla prossima!

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