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#37: Errori, regole ed eccezioni

Vi siete mai interrogati/e sulla natura di regole ed errori linguistici? Ne parlo in questo episodio, mostrandovi un punto di vista secondo me molto interessante sulla natura di questi due fenomeni. Scopri di più su https://lernilango.com
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#37: Errori, regole ed eccezioni
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Introduzione

Vi siete mai interrogati/e sulla natura di regole ed errori linguistici? Ne parlo in questo episodio, mostrandovi un punto di vista secondo me molto interessante sulla natura di questi due fenomeni.

Trascrizione 

State ascoltando “imparare ad imparare”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.

Per adesso buon ascolto dell’episodio “Errori, regole ed eccezioni”.

Che cos’è un errore? Che cosa significa fare un errore? Sono sicura che la prima cosa a cui penserete è che un errore è uno sbaglio, la violazione di una regola praticamente, e che fare un errore significa sbagliare e quindi violare, trasgredire una regola. 

Questa risposta, che è la più comune, nasce dalla ancor più comune visione che si ha di una lingua. Una lingua, infatti, viene spesso considerata come un insieme di parole e di regole grammaticali per assemblare queste parole. 

Nicola Grandi in La grammatica e l’errore usa una metafora culinaria per descrivere questa credenza comune: paragona le parole agli ingredienti di una ricetta, le regole alle indicazioni date dalla ricetta per mescolare questi ingredienti, e il risultato finale della preparazione a delle frasi ben formate. 

Se l’obiettivo della ricetta è ottenere qualcosa di commestibile (cioè di mangiabile), quello delle regole è creare frasi corrette. 

Questa visione della lingua porta a vedere la grammatica come qualcosa che prescrive, ordina, stabilisce cosa è giusto e cosa è sbagliato quando si usa una lingua.

Proprio questa visione alimenta dei personaggi interessanti che si muovono nella rete, sui social, alla ricerca di errori grammaticali da correggere con il solo obiettivo di umiliare, pubblicamente, chi li ha fatti: sto parlando dei ‘Grammarnazi’, cioè i nazisti della grammatica. 

La linguista Vera Gheno in Social-linguistica, nel paragrafo dedicato ai ‘tipini social’ cioè ai personaggi tipici che si incontrano nella rete (come il complottista, il commentatore compulsivo eccetera), tra questi ‘tipini social’ un po’ scomodi e che, diciamolo, danno un po’ fastidio, tra questi inserisce anche i grammarnazi, descrivendoli così:

“non importa il pensiero, cioè che conta è solo la forma. Hai messo quattro punti invece di tre? Hai sbagliato a scrivere ‘sogniamo’ e hai scritto ‘sognamo’? Il grammarnazi arriverà, puntuale come la morte, a commentare, se possibile sbeffeggiandoti, in ogni caso sottolineando la tua abissale ignoranza. A volte anche completamente senza fondamento”.

è certamente una descrizione ironica, questa, ma a mio avviso decisamente precisa e puntuale. 

Comunque, continuiamo con il nostro discorso. 

Questa visione della lingua è in realtà un po’ ingenua, e con ingenua voglio dire semplice, semplicistica.

Regola=giusta, errore=sbagliato, eccezioni…eh, eccezioni? Che dire di questa zona grigia della lingua che crea così tanti problemi quando si studia una lingua?

Vorrei in questo podcast darvi una visione diversa di regole, grammatica ed errore, una visione che certamente sarete liberi e libere di accettare o meno, ma una visione che secondo me influenzerà positivamente il vostro modo di considerare una lingua e lo studio di una lingua. 

Innanzitutto la grammatica non prescrive, non ordina cioè cosa fare, non stabilisce cosa è giusto o sbagliato in una lingua: la grammatica descrive una lingua e i suoi comportamenti. 

La grammatica dunque non prescrive regole da seguire, ma descrive le regolarità che si possono osservare, che possiamo osservare nell’uso di una lingua. 

Dunque le regole sono innanzitutto, in primo luogo, primariamente uno strumento per descrivere le regolarità che si possono osservare nell’uso della lingua da parte dei parlanti. 

I parlanti usano la lingua, i linguisti osservano e descrivono la lingua usata, viva e poi sulla base delle osservazioni e descrizioni creano i manuali di grammatica. 

Quindi, non esistono giusto e sbagliato in modo assoluto nella lingua, ma esistono giusto e sbagliato in base alla situazione extralinguistica, dunque in base al contesto, perché in un contesto una cosa è più regolare di un’altra e dunque è giusta, mentre in un altro contesto questa cosa è meno regolare e dunque è sbagliata. 

Facciamo un esempio: il congiuntivo. 

Dire “penso che questa cosa è bella”, e dunque usare l’indicativo al posto del congiuntivo dopo ‘penso che’ non è sbagliato in modo assoluto. 

Dipende dal contesto.

Se io sono a casa con la mia famiglia in un contesto decisamente informale e dico “penso che questa cosa è bella” va benissimo, perché in un contesto rilassato, informale, non sono obbligata ad usare il congiuntivo. 

Ma se io sono all’università e sto facendo un esame, beh dire “penso che questa cosa è bella” non va molto bene, perché non rispetta il contesto universitario che è più formale: il mio messaggio arriva, il professore o la professoressa mi capiscono, capiscono che sto dicendo che una cosa è bella, la comunicazione è riuscita (perché ricordate: comunicare significa farsi capire). 

Il problema è che in un contesto più formale come l’università è meglio, è più opportuno usare una lingua “in giacca e cravatta” e non una lingua “in pigiama” come quella che usiamo a casa nostra. Dunque all’università dirò “penso che questa cosa sia bella”, perché il contesto vuole, richiede questa forma. 

Le uniche regole che non dipendono dal contesto sono quelle di ortografia, cioè le regole sui segni grafici (le lettere) e sulla punteggiatura (punto, virgola). 

Scrivere habbiamo con la h è sbagliato, scrivere ciesa senza la h è sbagliato. 

Le regole di ortografia, in una lingua, sono le uniche che prescrivono, perché la scrittura è artificiale, creata dagli esseri umani, mentre la lingua parlata è naturale. 

Quindi, le cose artificiali hanno regole da rispettare, quelle naturali hanno regolarità da osservare e descrivere. 

Dunque, dove voglio andare a parare con questo podcast, quale è cioè il mio obiettivo?

Il mio obiettivo è di dirvi quali sono secondo me i benefici per l’apprendimento linguistico di questa visione diversa di regole, intese come regolarità, ed errori, considerati come relativi al contesto e non assoluti.

Il primo beneficio riguarda la produzione linguistica, soprattutto orale: quando parlate dovete avere come unico obiettivo quello di farvi capire e non di creare frasi perfette. La comunicazione è sempre la cosa più importante. Soprattutto all’inizio. 

Secondo: quando sbagliate e qualcuno vi dice che avete sbagliato, chiedete sempre il perché: l’errore non è assoluto. La cosa che avete detto può essere sbagliata in quel contesto ma giusta per un altro.

Non accontentatevi di “questo che hai detto è sbagliato e questa è la forma giusta di dirlo”: dovete sapere perché è sbagliato, perché saperlo vi aiuterà a migliorare la vostra competenza linguistica. 

Il terzo e ultimo beneficio riguarda le eccezioni. Le eccezioni sono il comportamento di pochi, le regole sono il comportamento della maggioranza. Ma come le regole anche le eccezioni sono regolarità. 

Quindi chiamatele regolarità minori e non eccezioni, perché di solito la parola eccezione genera sensazioni negative (oh quante eccezioni, non posso impararle, ma come le ricorderò tutte, okay non studio più questa lingua!). 

Sono davvero curiosa di sapere se esiste qualche studente o studentessa di lingua che considera le eccezioni in modo positivo. Quindi, cambiate il nome e cambieranno i vostri sentimenti per le povere eccezioni! E se i sentimenti sono positivi l’apprendimento è più facile.

Infine, questo non è un beneficio è soltanto un consiglio che vi do, quando volete comprare un manuale di grammatica assicuratevi che sia una grammatica descrittiva (alla fine della trascrizione di questo podcast troverete alcuni titoli di grammatiche descrittive secondo me molto buone).

Concludo questo episodio traducendo una citazione di Leonard Bloomfield che recita così: “ricordate che una lingua è ciò che il parlante fa, non ciò che qualcuno pensa che dovrebbe fare”.

Dunque, siamo arrivati e arrivate alla fine di questo episodio, e vi lascio con una domanda: secondo voi, capire la vera natura di regole ed errori quali altri benefici può avere sull’apprendimento linguistico? Fatemelo sapere, se volete, mi piacerebbe molto sentire il vostro punto di vista.

Grazie per la vostra attenzione e alla prossima!

MANUALI di GRAMMATICA DESCRITTIVA 

  1. Grammatica italiana, Luca Serianni.
  1. Grammatica italiana, Zanichelli.
  1. Grammatica italiana di base con esercizi di autoverifica, Zanichelli.

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