Introduzione
Questo episodio di livello avanzato del nostro podcast è il terzo della serie dedicata al fascismo, un capitolo importante della storia italiana, che ancora oggi, sebbene in piccole quantità, continua a farsi sentire. Oggi vi parlo di un’altra credenza molto diffusa tra italiani e italiane in merito a ciò che il regime fascista ha fatto di buono per la nostra Italia.
Trascrizione
State ascoltando “le cose italiane”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.
Per adesso buon ascolto dell’episodio “Mussolini ha dato le pensioni agli italiani?”.
Ciao a tutte e a tutti, bentornate e bentornati nella rubrica “le cose italiane”. Prima di incominciare con l’episodio, vorrei ringraziare, ci tengo tantissimo a ringraziare tutti quelli e quelle che mi hanno scritto per dirmi quanto gli episodi gli fossero piaciuti. Grazie! Lavorare sapendo che qualcuno ti ascolta, e soprattutto lavorare sapendo che ciò che scrivi piace non ha prezzo: quindi grazie a tutti e a tutte, ai miei studenti e alle mie studentesse ma anche a chi è capitato o capitata su LerniLango per caso.
Adesso possiamo incominciare, anzi continuare, perché oggi riprendo l’argomento del fascismo. Nello specifico continuerò sulla linea di riflessione avviata nell’episodio #4 di questa rubrica, “Il fascismo e il senso comune: l’economia”.
Oggi voglio parlarvi di un’altra credenza sul fascismo che si è intrufolata nel senso comune di molti italiani e italiane, credenza che credo sia la più diffusa tra chi ancora crede che il fascismo sia un’alternativa possibile al nostro attuale governo.
Vi ricordo brevemente che il senso comune è un sistema di credenze che all’interno di una data cultura sono così ovviamente vere che è difficile vederle come credenze, cioè come cose che si credono perché influenzati da vari fattori (come la cultura, la religione, i libri che si leggono eccetera). Le credenze che fanno parte del senso comune sono così ovvie da diventare universali e, soprattutto, naturali, come naturale può essere il fatto che respiro. Ma, come ho già sottolineato nell’altro episodio, le credenze non sono naturali, né tantomeno universali. Le credenze sono culturali e particolari, relative cioè alla cultura da cui sono state generate.
Per introdurre la credenza sul fascismo di cui voglio parlare oggi e che voglio smentire (usando, di nuovo, come fonte il saggio di Filippi “Mussolini ha fatto anche cose buone”), dicevo per introdurre la credenza di oggi partirò da un meme, uno tra i più virali sul fascismo, tanto virale da aver raggiunto anche gli smartphone di tanti miei famigliari e conoscenti.
In questo meme, su uno sfondo nero, sulla sinistra, si erge la figura del duce in penombra, sguardo fisso in avanti, braccia incrociate, sicuro di sé. Sulla sinistra un titolo d’apertura emblematico: “dovrei odiare questa persona?”, sottolineato in rosso.
A seguito della domanda d’apertura, una lista di tutti i motivi per cui secondo il creatore o la creatrice del meme non è possibile odiare Mussolini.
Dovrei odiare questa persona?
L’uomo che ha curato 3 milioni di bambini dalla tubercolosi in modo gratuito?
L’uomo che dopo Cesare è stato l’unico a renderci grandi?
L’uomo che ha amato la patria a tal punto da morire povero?
E l’ultima, che è quella che ci interessa, l’uomo che devo ringraziare se mio nonno ha una pensione?
NO GRAZIE (recita la conclusione in grassetto maiuscolo), IO NON ODIO CHI HA DATO TANTO ALLA PATRIA !!!! (quattro punti esclamativi per concludere).
Insomma, il tono generale del meme è di apprezzamento per questa figura che per la patria ha fatto tanto. Trovate il meme nella trascrizione del podcast.
Comunque, quella sulle pensioni è una delle credenze che i sostenitori del fascismo utilizzano spesso per dire che in fin dei conti qualcosa di buono c’è stato in questo regime autoritario, cosa dei cui risultati ancora oggi possiamo beneficiare, e cioè il fatto di avere una pensione, perché, dicono i sostenitori, Mussolini ha dato le pensioni agli italiani.
Scavando, però, nella storia, Filippi dimostra che in realtà non è proprio così.
Il sistema pensionistico italiano nasce e si sviluppa nel periodo storico compreso tra il 1895 e il 1919, prima grazie alle riforme del governo di Francesco Crispi e poi grazie al governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando.
All’inizio la pensione poteva essere riscossa solo da impiegati del settore pubblico e da militari in servizio.
Con il tempo, anche i dipendenti dei settori industriali poterono beneficiare dei servizi pensionistici, fino a quando, nel 1919, tale servizio fu esteso a tutti i lavoratori.
Quindi, quando Mussolini salì al potere il sistema pensionistico esisteva già, era già stato costituito. Ciò che Mussolini fece, una volta al potere, fu di prendere il controllo del sistema di previdenza sociale, che passò dunque sotto il controllo esclusivo del regime.
Nel 1933 la cassa nazionale (nome dell’ente che gestiva le pensioni) fu rinominata INFPS, Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale. L’acronimo INFPS non è molto facile da pronunciare.
Quindi questa fu una manovra simbolica, che ebbe l’obiettivo di impossesarsi del frutto dell’operato di altri governi. Dunque, il fascismo non inventò la previdenza sociale in Italia, ma se ne impossessò.
Oltre al nome, però, altre furono le modifiche apportate all’ente nel 1933:
la principale fu che il potere venne accentrato nelle mani del presidente dell’INFPS, e, ovviamente, era Mussolini che nominava questo presidente.
Impossessatosi dell’INFPS il regime incominciò a distribuire posti di lavoro, diede cioè la possibilità a molti italiani di lavorare per l’INFPS. Circa 8000 furono i posti fissi di lavoro creati da questo ente: ma, MA, per poter lavorare all’INFPS bisognava essere iscritti al partito fascista!
Insomma, l’INFPS diventò uno tra gli altri strumenti di consenso al regime fascista.
E non è tutto: l’ente diventò anche una cassa da cui attingere, da cui prelevare denaro in caso di bisogno. Ad esmpio, i fondi usati nella guerra furono presi dai fondi dell’INFPS, fu insomma usato per la guerra il denaro che sarebbero dovuto essere usato per pagare le pensioni agli italiani.
Con la caduta del regime l’INFPS diventò semplicemente INPS, ente che ancora oggi esiste e che continua oggi a fornire servizi di previdenza sociale a italiani e italiane, ente che, dunque, non è stato costituito dal regime fascista.
Nel prossimo episodio di questa rubrica vi parlerò del sistema pensionistico italiano, e di come funziona.
Per adesso, mi avvio alla conclusione di questo episodio ripetendo che è sempre più facile guardare indietro quando il presente non ci piace, e questa credenza sulle pensioni è infatti spesso usata per criticare l’attuale governo per la gestione della crisi economica, è insomma, come dice anche Filippi, il cavallo di battaglia dei nostalgici.
Non dico che sia sbagliato guardare indietro, l’Italia ha fatto del passato e della sua valorizzazzione il suo cavallo di battaglia: dico solo che è sempre meglio guardare bene, indietro, e se ogni tanto ci facciamo qualche domanda sulle cose che leggiamo ancora meglio.
Io vi ringrazio di aver ascoltato fino alla fine e vi saluto. Alla prossima!
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