Fotoromanze la provinciale
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L’italiano dei fotoromanzi

Avete mai sentito parlare dei fotoromanzi, un genere di consumo nato in Italia e molto diffuso negli anni Cinquanta e Sessanta. In questo episodio vi parlo del fotoromanzo e dell’italiano usato in questo genere paraletterario. Scopri di più su https://lernilango.com
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L’italiano dei fotoromanzi
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Introduzione

Avete mai sentito parlare dei fotoromanzi, un genere di consumo nato in Italia e molto diffuso negli anni Cinquanta e Sessanta. In questo episodio vi parlo del fotoromanzo e dell’italiano usato in questo genere paraletterario.

Trascrizione 

State ascoltando “la lingua e le cose”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.

Per adesso buon ascolto dell’episodio “L’italiano dei fotoromanzi”.

Ciao a tutti e a tutte e bentornati e bentornate nella rubrica “la lingua e le cose”. Innanzitutto, sono contenta che l’episodio sulle parole italiane della cucina vi sia piaciuto, e visto che ci sono segnalo a voi tutti e tutte alcuni spunti interessanti emersi mentre discutevo il podcast precedente con alcuni miei studenti. Mi è stato infatti fatto notare che le parole della cucina italiana sono emigrate all’estero, o almeno alcune parole della cucina italiana sono emigrate all’estero, ed emigrando queste parole si sono trasformate.

Per esempio, è stata portata alla mia attenzione la parola “rucola”(un tipo di insalata) che negli Stati Uniti è diventata “arugola” o “arugula”, con la -u; e è stato portato anche alla mia attenzione il fatto che in Francia è molto comune sentire e leggere “les paninis”, una francesizzazione della parola italiana già plurale di per sé“panini”. Insomma…piccoli spunti di riflessione che ci fanno capire come non è solo la lingua italiana che prende parole straniere e le italianizza.

Comunque, detto questo, fatta questa piccola introduzione, passiamo adesso all’episodio di oggi.

Nell’episodio precedente ho detto che avremmo parlato dell’italiano della cucina dopo Artusi in questo episodio, ma ho cambiato idea.

Con una mia studentessa stiamo leggendo e discutendo insieme la quadrilogia de l’amica geniale di Elena Ferrante (un libro che amo a tal punto che l’ho letto 3 volte). Ad un certo punto del romanzo (non ricordo quale volume però) Lenuccia, la protagonista, spinta da Carmela Peluso (una delle amiche del Rione, sorella di Pasquale il muratore), incomincerà a leggere i fotoromanzi che, come abbiamo osservato durante la lezione con la mia studentessa, incominciano a modificare gli scripts di Lenuccia, spingendola a desiderare di essere proprio come le eroine dei fotoromanzi.

“Cosa sono i fotoromanzi?”, mi è stato chiesto: nell’episodio di oggi voglio parlarvi proprio dei fotoromanzi, ma voglio farlo da un punto di vista linguistico.

Incominciamo col dire che il fotoromanzo è un genere paraletterario a metà tra il romanzo rosa e il fumetto.

Ma procediamo per ordine e chiariamo tutte queste definizioni.

Innanzitutto, per paraletteratura si intendono tutte le produzioni scritte che rientrano nei generi di consumo, in quei generi cioè che hanno 1. un vasto pubblico, 2. il solo obiettivo di intrattenere e non di “edificare”, diremmo, parola che letteralmente significa “costruire”(edificare una casa), ma che figurativamente significa “educare, istruire”(edificare le menti dei giovani).

Il prefisso para-, infatti, significa “quasi”, quindi una paraletteratura è una quasi-letteratura, una letteratura cioè marginale, qualitativamente inferiore alla “letteratura alta”.

Invece diciamo che il fotoromanzo è a metà tra il romanzo rosa e il fumetto perché del primo prende le situazioni narrative ricorrenti e stereotipate e i personaggi non molto psicologicamente complessi; mentre come il secondo, come il fumetto, il fotoromanzo è una combinazione di parole e immagini.

A differenza però del fumetto, le immagini non sono disegnate ma sono delle fotografie, o, per dirla con le parole di Laura Ricci (dal cui saggio, Paraletteratura, nasce questo podcast), dicevo per dirla con le parole di Laura Ricci le fotografie possono essere definite come dei fotogrammi simil-cinematografici.

Per i fotoromanzi non era tanto importante chi li avesse scritti, ma piuttosto quali attori venivano scelti per figurare in queste struggenti storie d’amore. Mike Buongiorno (famosissimo presentatore italiano) e Gina Lollobrigida (famosissima attrice italiana) hanno posato per dei fotoromanzi inizialmente, per avere così l’occasione di far carriera nel cinema e nel teatro. Il fotoromanzo è stato per loro un trampolino di lancio verso la carriera cinematografica e teatrale.

Il fotoromanzo ebbe un’esplosione incredibile di fruitori e fruitrici (soprattutto fruitrici) tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento.

È un genera nato in Italia, dunque è un genere di origine italiana, e come genere si è poi diffuso nei paesi ispano-americani e in Brasile.

I fotoromanzi inscenano storie d’amore, sostanzialmente, quindi immaginate che, come i romanzi rosa, queste sono trame favorite principalmente dalle donne. E se facessi un sondaggio sono sicura che (almeno al 90%) mi direste che questa è “letteratura spazzatura”.

Questo era infatti anche il pensiero di tanti “letterati” dell’epoca, che erano soliti esprimere giudizi sdegnosi su questa forma popolare, da casalinghe: “fumettone”, “giornale da serve”, “vaccata immonda”, sono solo alcuni dei simpatici appellativi dati a questo genere di consumo.

In realtà, però, studi recenti hanno dimostrato come il fotoromanzo tanto immondo non è stato, ma ha anzi avuto degli impatti positivi sulla popolazione italiana.

Innanzitutto è arrivato in luoghi dove non arrivavano né giornali né altro, dando così a milioni di persone, che non avevano accesso ad altre forme di lettura, la possibilità di leggere e di alfabetizzarsi, a volte.

Per non parlare poi degli inaspettati effetti pedagogici che ebbe, portando nelle classi svantaggiate nozioni di galateo ad esempio, di igiene personale e anche racconti in cui il rapporto tra i sessi non era molto sbilanciato, ma quasi (QUASI) paritario.

Capito l’enorme potenziale pedagogico dei fotoromanzi, la chiesa cattolica se ne impossessò per narrare le vite edificanti dei santi e delle sante, al fine dunque di catechizzare lettori e lettrici.

Furono inoltre trasformati in fotoromanzi dei classici della letteratura alta italiana, come i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e (ATTENZIONE ATTENZIONE) la Divina Commedia di Dante Alighieri.

È sempre molto facile disprezzare e snobbare chi consuma questi prodotti paraletterari, trash diremmo oggi, ma non si pensa mai che non tutti partiamo dallo stesso punto, dalle stesse famiglie, dalle stesse possibilità (mentali e materiali): d’altronde, fareste mai leggere Dostoevskij a un bambino di 5 anni? Non credo proprio, e se lo faceste sareste molto crudeli.

Comunque, quindi, anche questi “giornali da serve”hanno in qualche modo portato la lingua scritta dove forse non sarebbe mai arrivata. E chissà, magari hanno anche spinto qualcuno a esplorare letture di altro tipo: come si dice, “l’appetito vien mangiando”.

Comunque, cerchiamo adesso di vedere ora le caratteristiche linguistiche di questo genere paraletterario.

Innanzitutto diciamo che l’italiano usato nei fotoromanzi è di tipo lirico-burocratico, cioè a metà tra la poesia e l’italiano burocratico di cui vi ho già parlato (ricordate? Quello che usa mio nonno per “parlare bene”).

Vi leggo ora una didascalia incipitaria (cioè una introduzione  che ha lo scopo di inquadrare il contesto della storia che verrà poi rappresentata dalle foto e dalle vignette).

Ecco l’incipit:

Era un grigio e piovoso pomeriggio d’autunno…Le case sembravano oppresse dal cielo di piombo…Gli alberi erano già quasi spogli: un desolato spettacolo…Ma c’è più tristezza negli occhi della giovane donna che percorre i viali del parco, per giungere allo studio del dottor Sivieri, il famoso ginecologo.

Ho cercato di interpretare l’atmosfera con la mia voce e spero di avervela comunicata questa atmosfera, atmosfera che si respira anche nei film tratti dai romanzi rosa di Nicholas Spark, e dunque di film come “i passi dell’amore”, “le pagine della nostra vita”, dei classici insomma della letteratura rosa.

Vi dirò che da adolescente anch’io sono stata una fervida lettrice di questi romanzi rosa, poi però mi sono stancata perché avevo bisogno di come dire psicologie più complesse per la mia crescita.

Comunque, a parte questo, a parte questa piccola parentesi biografica, notate che all’interno di questo estratto, nell’introduzione del fotoromanzo c’è un uso estenuante degli aggettivi, e poi questa espressione vedete “la tristezza negli occhi” che fa tanto poesia d’amore.

Un altro dato interessante di questo italiano dei fotoromanzi è il formalismo.

Sono diffusissimi i pronomi “egli”ed “ella”, ormai non più in uso, pronomi che si usavano, in passato, in funzione di soggetto delle frasi (oggi diciamo “lui va, lei va”, prima, in passato, si diceva “egli va, ella va”, in funzione di soggetto).

Molto diffuso nell’italiano dei fotoromanzi è anche il pronome“voi” usato come forma di cortesia al posto del “lei” (in realtà il “voi” è ancora oggi molto in uso nel sud Italia e devo dire che anche io lo usavo finché poi non sono andata in Toscana all’università e mi sono accorta che era una variante regionale e non standard della lingua, e quindi sono passata al “lei” come forma di cortesia).

Comunque adesso voglio leggervi qualche estratto di questi fotoromanzi e commentare alcune caratteristiche della lingua presenti all’interno di questo estratto.

Ad esempio partiamo dal primo: “Grazie del complimento Romero. Spero però che non resterete deluso della mia abilità di cacciatrice” (vedete, qui notiamo la forma di cortesia, il voi, resterete voi, ma ovviamente non si riferisce ad un voi plurale, si riferisce a Romero);

O ancora vi leggo un altro estratto: “Vi guardavo poc’anzi, e vi assicuro che non ho mai visto nulla di più attraente…Un’autentica fata dei boschi”(a parte il tono smielato di questa frase volevo farvi notare poc’anzi, un’espressione ricercatissima, formalissima, e in più, di nuovo, la forma di cortesia usando il pronome voi, vi assicuro, cioè le assicuro dovrebbe essere la forma standard ma qui viene utilizzato il voi).

Un altro elemento molto diffuso all’interno dei fotoromanzi sono i 3 puntini di sospensione (lo vedrete nella trascrizione), questi tre puntini vengono usati per dare questo senso di atmosfera sospesa, sognante, come di un sogno d’amore.

Un’altra cosa interessante sono i nomi, alcuni molto comuni (per favorire appunto il senso di identificazione con i personaggi da parte di lettori e lettrici), altri nomi invece sono molto esotici (come ad esempio Rudy, Ilse, Delfina, Ivan, Doris).

La lingua, l’italiano in generale è quello del corteggiamento. Ad esempio adesso vi leggo degli estratti di dialoghi per farvi capire appunto la lingua del corteggiamento.

Partiamo dal primo.

– Tu dunque mi ami? (chiede, la donna)

– è così, vorrei sprofondare un miglio sottoterra ma è così (risponde l’uomo)

– caro, perché sprofondare sottoterra? (risponde a sua volta la donna.

O ancora, un altro estratto di dialogo parte così:

– Perché io ho sentito a un tratto che ti amavo, Davide, e che tu amavi me con la stessa intensità, anche se nessuno di noi aveva parlato? (chiede la donna innamorata)

– Mi chiedi troppo, tesoro”(risponde Davide, ovviamente non vuole rispondere a questa domanda, non vuole mettere in gioco i suoi sentimenti).

Comunque, dunque, interpretazione di questi piccoli sketch a parte, vorrei che capiste come questo è un italiano decisamente lontano dall’oralità, dall’uso parlato, dal parlato, ma è un italiano più cavalleresco diciamo, un italiano per storie di dame e cavalieri: usato però da attori e attrici in vestiti degli anni Cinquanta e Sessanta può, capisco, apparire un po’ artificioso.

Comunque, ho trovato per voi un video interessante di una donna che mostra e descrive fotoromanzi (vi indico il link nella trascrizione del podcast, così potrete avere un’idea di come sono fatti. La donna che parla in questo video ha un accento toscano e usa una varietà di italiano molto regionale, quindi non prendete per standard tutto quello che dice.

Poi, vi segnalo inoltre dei piccoli video sul fotoromanzo che trovate sul sito dell’istituto luce.

(trovate anche questi link nella trascrizione)

Il primo video parla dell’esplosione die fotoromanzi in Italia, con delle interessanti immagini; il secondo vi mostra la Bibbia in fotoromanzo e il terzo infine uno dei primi tentativi di portare il fotoromanzo sullo schermo, con protagonista il meraviglioso attore Vittorio Gassman.

Dunque, siamo arrivati e arrivate alla fine, io spero che questo episodio, questo argomento vi sia piaciuto e abbia aggiunto un tassello in più alla vostra conoscenza della mia bellissima e maledetta Italia. Io vi saluto, vi ringrazio come sempre dell’ascolto e vi auguro una meravigliosa settimana!

Ricordo, per chi non lo avesse fatto, che iscrivendovi alla nostra newsletter potete ricevere un podcast settimanale in più, gratuitamente, in cui o spiego una parola italiana o un modo di dire italiano. Potete iscrivervi alla newsletter nella sezione “Newsletter” su Lernilango.com.

Grazie per l’attenzione e alla prossima!

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