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#47: Case popolari e architettura fascista: la politica urbanistica del fascismo

Camminando per Roma si possono incontrare molte strutture architettoniche progettate e costruite dal regime fascista. In questo episodio di livello avanzato (C2) del nostro podcast vi parlo dei punti principali della politica urbanistica del fascismo. Scopri di più su https://lernilango.com
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#47: Case popolari e architettura fascista: la politica urbanistica del fascismo
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Introduzione

Camminando per Roma si possono incontrare molte strutture architettoniche progettate e costruite dal regime fascista. In questo episodio di livello avanzato (C2) del nostro podcast vi parlo dei punti principali della politica urbanistica del fascismo.

Trascrizione

State ascoltando “le cose italiane”, una rubrica prodotta da LerniLango, un’infrastruttura online per l’apprendimento della lingua italiana. Per saperne di più e per leggere la trascrizione del podcast vienici a trovare su Lernilango.com.

Per adesso buon ascolto dell’episodio “case popolari e architettura fascista: la politica urbanistica del fascismo”.

Ciao a tutti e a tutte e bentornati e bentornate nella rubrica ‘le cose italiane’.

Come avrete sicuramente capito dal titolo questo sarà uno degli episodi della serie, di questa rubrica, dedicata al fascismo, perché come ho già avuto modo di dire negli episodi precedenti quello del fascismo è un capitolo importante della storia e della cultura italiane, che, a mio avviso, è importante conoscere e comprendere – soprattutto comprendere – per comprendere meglio la contemporaneità italiana, la mentalità di molti italiani.

E quindi, diamoci da fare e partiamo per il piccolo viaggio nel tempo e nello spazio (come vedrete) di oggi.

Come ho spesso fatto per gli episodi della serie dedicata al fascismo, parto da un meme.

Questo meme rappresenta un confronto tra Mussolini e l’ex presidente del consiglio italiano Matteo Renzi (espediente, questo del confronto, molto diffuso in questi meme che supportano il fascismo).

Tra i punti del confronto tra questi due politici ce n’è uno che, insieme agli altri che abbiamo visto negli episodi precedenti di questa serie, rappresenta uno dei luoghi comuni che circolano in rete in merito al fascismo, e cioè il fatto che Mussolini ha dato le case popolari agli italiani.

Prima di esplorare storicamente questo luogo comune, vi parlerò brevemente delle case popolari.

Le case popolari sono delle abitazioni che lo stato mette a disposizione di persone meno abbienti, cioè di persone con scarse (se non nulle, a volte) possibilità economiche.

Queste case hanno un costo di affitto molto basso che varia dai 30 agli 80 euro mensili e sono assegnate in base a diversi requisiti come il reddito, il numero delle persone che fanno parte della famiglia, l’età, il lavoro eccetera.

Dopo aver fatto domanda per la casa popolare si è messi, si è inseriti all’interno di una graduatoria e si attende di essere chiamati per ricevere l’alloggio.

Fatta dunque questa premessa descrittiva, adesso esploriamo storicamente l’ambito di quella che viene definita edilizia popolare. Come per gli altri episodi mi sono rifatta al saggio Il fascismo ha fatto anche cose buone scritto da Francesco Filippi.

Innanzitutto è importante dire che gli italiani sono proprietari di case. Avere, possedere una propria abitazione è una tappa fondamentale per la realizzazione del proprio progetto di vita, è una componente culturale importante.

L’articolo 47 della costituzione italiana tutela l’agevolazione economica finalizzata al possesso di un’abitazione per i cittadini italiani.

Nella seconda metà dell’ottocento in Italia c’è stato un boom demografico senza precedenti; tra il 1861 e il 1946 la popolazione italiana è passata da 22 a 46 milioni di abitanti.

Questo, ovviamente, ha avuto un grande impatto sull’urbanistica, sul tessuto urbano che all’inizio non era adeguato a gestire questo grande mutamento: non c’erano abbastanza case, non tutti potevano permettersene una.

Il primo intervento nell’ambito dell’edilizia popolare c’è stato nel 1903 con la legge sulle case popolari.

I primi tentativi di gestione di questa emergenza urbanistica arrivarono dalle amministrazioni locali (quindi, città e comuni): la legge del 1903 non fece che istituzionalizzare questi tentativi locali.

Dunque, la gestione delle case popolari non era centralizzata ma affidata a gestioni locali.

Se proprio vogliamo nominare un padre dell’edilizia popolare questo fu Luigi Luzzatti.

Su impulso di questa legge si avviarono i primi lavori di costruzione nelle grandi città italiane, Roma per prima, Torino, poi, nel 1907 anno di fondazione dell’istituto delle case popolari di Torino, e poi, l’anno successivo, 1908, fu la volta di Milano e Napoli.

Nel 1908 venne anche emanato il regolamento generale sulle case popolari.

Insomma, tutte queste informazioni ci aiutano a capire che l’edilizia popolare in Italia fu avviata e normata prima dell’avvento del fascismo.

L’unica cosa che il fascismo fece di questo settore della cosa pubblica fu di centralizzarne la gestione e il controllo: nel 1935 il sistema, prima locale, venne provincializzato e si costituì un consorzio nazionale dell’edilizia popolare, con rappresentanti scelti dal regime.

Dunque, il regime non fece che riordinare la struttura dell’edilizia popolare verticalizzandola, accentrandone dunque il controllo.

Tra il 1935 e il 1939 il nuovo consorzio ultimò 13700 alloggi dando casa a 75.000 persone: i lavori però di questi alloggi erano stati iniziati prima dell’istituzione del consorzio.

Un calcolo fatto nel 1940 mostrò che, in Italia, l’offerta di alloggi non soddisfaceva la domanda di alloggi.

La maggior parte, infatti, dei fondi statali non andò all’edilizia popolare ma a tutti quegli edifici che servivano al regime per mandare avanti la sua propaganda, e che potessero essere simboli del regime.  

L’architettura urbana doveva trasmettere i concetti di grandezza, forza e modernità soprattutto, e questo è ben evidente nella grandezza monumentale di questi edifici (pensate alla stazione Termini di Roma, ad esempio); ma nelle strutture architettoniche fasciste è anche possibile vedere il culto della romanità, il mito dell’impero romano a cui il regime voleva essere associato: si pensi alle statue di ispirazione classica molto diffuse e presenti nelle architetture fasciste (pensate al Colosseo quadrato ad esempio, o al Foro italico).  

In ordine cronologico, il regime fascista, da un punto di vista urbanistico, a Roma, si occupò di:

1. costruire il Foro italico;

2. trasformare le strutture dell’università, la Sapienza di Roma;

3. costruire e modernizzare gli edifici delle poste italiane;

4. costruire stazioni ferroviarie (la stazione Roma Ostiense prima e Termini dopo).

Ma la vera vetrina della politica urbanistica del fascismo fu il nuovo quartiere Eur di Roma, progettato e costruito perché ospitasse l’esposizione universale del 1942 (cosa che non accadde) e terminato poi negli anni 50.

Lo storico Guido Melis di questo quartiere dice che è stato uno scenario, un palco teatrale per mettere in scena la narrativa del regime e non uno spazio abitativo pensato per le persone e per i loro bisogni.

Anche via della Conciliazione, a Roma, è stata un’opera fascista: avete presente quella lunga via bellissima che porta alla Basilica di S. Pietro? Al suo posto, tra borgo vecchio e borgo nuovo, c’erano delle abitazioni che sono state distrutte per far posto alla via, simbolo della conciliazione, appunto, tra stato e chiesa attuata dal regime con i Patti Lateranensi.

Se siete interessati e interessate a vedere le opere architettoniche di cui ho parlato sinora, nella trascrizione del podcast trovate un link che vi rimanda ad un corto documentario della RAI, condotto da Philipp Daverio, un famosissimo storico dell’arte italiano, e in questo documentario vedrete mostrate le opere architettoniche di cui ho parlato sinora (https://www.youtube.com/results?search_query=la+terza+roma). 

Insomma, se da un lato è importante smentire le notizie false su interventi che il Fascismo non ha mai attuato (come le case popolari), dall’altro è giusto riportare le informazioni sulle cose belle che possiamo ammirare a Roma anche grazie all’intervento di Benito Mussolini.

Ebbene, io ho concluso anche oggi, vi ringrazio per l’ascolto e ci sentiamo al prossimo episodio! Grazie ancora e alla prossima. Ciao!

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