Luoghi storici di Roma e chiacchierata con i loro proprietari: intervista e vlog

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LERNILANGO

Per l’episodio del podcast di questo mese sono andata a Roma per incontrare Giulia, di @romacongiuli (progetto che racconteremo in questo episodio), ed insieme abbiamo intervistato due attività commerciali storiche della città, la libreria Cesaretti e la bottega del Marmoraro. Queste interviste sono partite da alcune domande: che cos’è un luogo per gli italiani? Come vivono i luoghi gli italiani? Cosa rende italiano un luogo? In questo video-episodio, che ti consiglio di guardare su YouTube per guardare le riprese che abbiamo fatto, di Roma e delle attività intervistate, cercheremo di rispondere a queste domande.

Lingua italiana insieme
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Luoghi storici di Roma e chiacchierata con i loro proprietari: intervista e vlog
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Trascrizione

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Simona: “che cos’è per me un luogo? Questa domanda si è affacciata nella mia testa quando,  durante un corso di digital marketing, ho incontrato per la prima volta il concetto  di luogo instagrammabile, cioè di luogo che nasce per finire su Instagram. C’era qualcosa  in questo concetto che mi disturbava e dopo averci pensato un po’ ho capito che forse  il motivo di questo fastidio era legato al modo in cui io da italiana vivo i luoghi.  Ho deciso quindi di venire a Roma per incontrare Giulia che con il suo progetto Roma con Giuli  sta avviando una riscoperta dei luoghi della città di Roma.

Ho incontrato Giulia a Villa  Borghese e abbiamo fatto una bella chiacchierata sul concetto di luogo, poi siamo andate insieme  ad intervistare due attività commerciali storiche della città di Roma e cioè la libreria  Cesaretti e la Bottega del Marmoraro. Dopo averli intervistati ci siamo accorti che è  le loro parole hanno fatto emergere le due caratteristiche fondamentali che secondo noi  caratterizzano un luogo in Italia e cioè: relazione e conduzione familiare.

Quindi adesso  mettiti comodo e comoda e ti portiamo con noi in questa traversata meravigliosa che  abbiamo fatto nella città di Roma”.

Si vediamo io gli ho chiesto quella sera, Tu de corsa sei venuta a sta’ con me  Me so’ magnato er fegato e quello che c’è intorno  Amore, amore, amore, amore, amore, amore un corno  E co’ ‘st’amore utopico Sai che ci ho guadagnato  C’avevo un bel lavoro E mo’ me sento un disgraziato…

Simona: “allora quindi come ti dicevo, volevo partire proprio da questo concetto no, da  questo punto di questo corso di digital marketing che ho fatto perché appunto sai no con tutto  LerniLango eccetera eccetera, ho fatto questo corso di digital marketing in cui si parlava  appunto di come utilizzare Instagram ai fini del business, quindi al fine del tuo negozio,  della tua attività online, bene a un certo punto arriviamo a questo concetto dell’importanza,  del grande impatto che ha avuto Instagram appunto su tutte le attività in generale,  cioè non soltanto quelle digitali ma proprio tutte le attività, e si spiegava, si argomentava  questo punto dell’importanza di Instagram dicendo come data proprio l’importanza di  Instagram i luoghi, cioè tutti i luoghi, le attività hanno iniziato ad assumere dei  caratteri particolari, perché appunto i luoghi dovevano essere instagrammabili, cioè per  far capire proprio l’importanza di Instagram, data l’importanza, che cosa succede?

L’attività  deve trasformarsi in qualcosa di instagrammabile, vabbè era la prima volta che sentivo questo  termine onestamente perché come ripeto spesso io non ho mai usato i social network prima  di questo progetto di LerniLango, mai, nella mia vita privata, quindi ho dovuto imparare  tutto da zero, allora sentivo per la prima volta questo termine instagrammabile. Instagrammabile  significa un posto adatto a finire su Instagram, e cosa deve avere, quali caratteristiche deve  avere questo posto per finire su Instagram, deve avere determinati elementi, come ad esempio  uno specchio capisci, per fare i selfie, perché è un classico che il selfie nello specchio  è tipico di Instagram, o questi tavolini quelli di capito di legno dell’IKEA, o le  lucine fuori perché appunto fanno molto foto da Instagram.

Allora devo dirti che io non  sono contraria alle novità, non ti nascondo che comunque questo concetto di instagrammabile  no, di un luogo non solo che viene adattato ad Instagram ma a volte nasce proprio per  finire su Instagram, perché questa è stata la cosa che mi ha turbata di più, perché  capisco un’attività già esistente che magari si adatta un pochino no, e quindi aggiunge  qualche elemento all’interno del negozio, all’interno dell’attività per renderlo instagrammabile,  ma la cosa che mi ha turbata di più è stata proprio questo, cioè i luoghi che nascono  instagrammabili, cioè la creazione di un luogo che nasce, così questo luogo, per finire  su Instagram, e mi ha turbata ovviamente cioè, non è che mi ha turbata mi ha un po’, mi  sono sentita come okay non condivido pienamente questa cosa.

Perché ho reagito così a questa  notizia dei luoghi instagrammabili? Scava e scava, rifletti a rifletti, alla fine sono  arrivata alla conclusione che ovviamente questo mio rifiuto di questa idea, comunque questo  mio fastidio per questa idea, era dovuto al modo in cui io vivo i luoghi, la prima domanda  che mi sono fatta è stata “che cos’è allora un luogo per me?”. Se mi dà fastidio l’idea  che un luogo nasca instagrammabile e quindi un semplice museo possiamo chiamarlo così,  o comunque una sala, una sala fotografica no, cioè un luogo dove vai, fai la foto,  il selfie, metti il tag “sono stato qui su Instagram”, fine, allora mi sono chiesta “che  cos’è allora un luogo per me?”, e facendomi questa domanda sono arrivata alla conclusione  che la mia idea di luogo è molto legata ovviamente alla mia cultura no, inevitabilmente questo  si lega alla cultura, e al fatto di come io da italiana vivo i luoghi che abito, allora  mi sono chiesta “che cos’è un luogo per me da italiana?”.

Primo punto di riflessione:  mi sono accorta che per me un luogo innanzitutto non è un parco giochi no, non è una cosa,  cioè veramente uno spazio dove tu entri, fai qualcosa, ti fai una foto, ti fai un selfie,  fai una semplice funzione, porti a termine una semplice funzione e te ne vai, cioè proprio  consumi e vai via, non è un parco giochi, non è un museo per me è un luogo ma è come  dire un insieme di relazioni, quindi per me è un luogo è una relazione, è molto importante  per me nel luogo in cui vado trovare la relazione con la persona che lo abita, cioè creare  una relazione, un rapporto con la persona che abita questo luogo per me, cioè non è  soltanto vado, consumo, vado via, ma è vado, conosco la persona, mi sono accorta che voglio  parlare, io parlo con la persona che abita questo luogo, voglio creare una relazione  con lei, anche se è la prima volta che ci vado, voglio chiacchierare, voglio sapere  di più dell’attività, di quello che fa e voglio riconoscere chi ci abita in questo  luogo, e voglio essere riconosciuta in questo luogo, e ripeto il piacere profondo come ti  dicevo di essere andata a Bari, nel mio quartiere dove i miei nonni abitano da tanto tempo,  andare nei negozi, nei luoghi che i miei nonni abitano ed essere riconosciuta dalle persone  “ah ma tu sei la nipote di”, e questo mi piace, mi sento che sto creando un legame con questo  posto e questo per me è un elemento non solo della mia personalità, ma secondo me anche  della mia cultura, quindi vedere il luogo come una relazione.

Secondo punto per me,  che appunto è emerso da questa analisi, che è molto legato secondo me anche alla mia  cultura quindi all’italianità no, e quindi al modo in cui gli italiani vivono i luoghi,  è il fatto che un luogo per me non è un luogo di passaggio no, quindi tu immagina  un luogo di passaggio ci passi attraverso e via, ma è un luogo di attraversamento che  sono due concetti diversi no, il passaggio e l’attraversamento, nel passaggio è implicata  la fretta, cioè tu attraversi, tu fai così, passi, vai via no, fai quello che devi fare,  svolgi una semplice funzione, un non so, un supermercato compri vai via, per dirti, l’attraversamento  è più lento no, è molto più lento, tu vai lì, chiacchieri, anche quando, ti dico  quando vado a fare la spesa che devo comprare la frutta e la verdura, non è mai “dammi  questo, dammi questo, dammi questo, me ne vado”, e lì attraverso il luogo, e questo  concetto dell’attraversamento del luogo ogni volta, sì di nuovo è un tratto personale,  ma è anche secondo me legato alla mia cultura cioè all’italianità e al modo in cui gli  italiani vivono i luoghi, ripeto luogo come relazione okay, luogo come attraversamento,  cioè per creare proprio quel concetto di comunità, perché solo in questo modo, solo  se si vivono i luoghi in questo modo secondo me si crea la comunità e di conseguenza si  mantiene la cultura, perché per esempio no, città come Napoli no, danno proprio quel  senso di accoglienza, ma anche Roma, magari meno nel centro come abbiamo detto, magari  più nella periferia, perché sono dei luoghi veramente abitati dalle persone no, non sono  luoghi svuotati capisci cosa intendo, ma ci sono persone che vivono nel luogo, che hanno,  un luogo dove c’è la comunità, cioè perché un luogo italiano anche senza le persone che  ci abitano cos’è, è uno spazio vuoto, cioè tu il luogo lo caratterizzi perché in quel  luogo c’è la comunità che vive, fa cose, e quanto più la comunità, tanto più la  comunità è radicata ed è presente in questo territorio, cioè lo vive effettivamente,  lo vive come relazione, tanto più la cultura pulsa e la senti, ecco perché luoghi come  Roma, come Napoli, come il sud in generale dove magari questo senso di comunità è molto  più forte, ti senti più accolto, ma perché ti senti più accolto secondo me? Perché  c’è una comunità che lo vive, una comunità veramente che crea delle relazioni, capisci  cosa intendo?

E rispetto no a questo luogo come insieme  di relazioni io so del tuo progetto no, come anche tu attraverso il tuo progetto sei arrivata  a capire questo, che il luogo in cui abiti anche tu, Roma, perché tu sei di Roma, hai  capito come per vedere veramente il luogo in cui abiti e per conoscere veramente il  luogo in cui abiti hai avuto bisogno di perderti per la città, di scoprire la città a piedi  e di conoscere la città attraverso le persone, quindi di nuovo hai riscoperto la tua città  e quindi la tua italianità di conseguenza, instaurando rapporti con le persone e quindi  adesso ti lascio la parola e raccontami meglio questo tuo, raccontaci meglio questo tuo progetto  e arriviamo poi a questo, a questo argomento della relazione”.

 Giulia: “è proprio così Simona sono d’accordo con te sul fatto che il luogo non è semplicemente  un posto in cui portare a termine una funzione ma è un luogo di relazioni e anche di energia,  di scambio, di conoscenze, di esperienze, di bellezza. Come dicevi, io ho iniziato a  perdermi per Roma, proprio un giorno ho preso, mi sono messa le scarpe da ginnastica, sono  uscita di casa senza una meta, ho iniziato a vagare per le strade per ore e ore e ho  scoperto qualcosa che non avevo mai visto davvero, ho iniziato a vedere la città con  occhi nuovi, nuovi occhi è un’espressione che che ho usato spesso anche nella mia pagina  Instagram, e così ho iniziato a farlo sempre più spesso, uscire e ad aprirmi all’inaspettato,  a quello che poteva accadermi senza che potessi nemmeno tanto controllarlo, è stato l’incontro  con l’altro, e in questo modo mi sono ritrovata sia a percorrere strade che non ho mai percorso,  notare dettagli che, ai quali non avevo mai veramente prestato attenzione perché comunque  viviamo una vita molto veloce, nonostante l’Italia ancora sia una cultura lenta, tendiamo  a vivere sempre più velocemente, molto spesso siamo chini sul cellulare quando camminiamo  per strada, insomma non prestiamo più tanta attenzione a ciò che ci sta intorno, al mondo  fisico, viviamo sempre di più proiettati in uno spazio virtuale che è inafferrabile  tutto sommato e quindi non ci dà mai quella sensazione di pienezza, ecco io ricercavo  invece un senso di pienezza e anche un sentirmi padrona dello spazio che abito perché anche  usare continuamente Google Maps, il GPS, mi avevano resa incapace di orientarmi nella  mia stessa città e questo mi dava un forte senso di impotenza, perciò queste mie passeggiate,  questi miei itinerari emozionali, perché erano fatti semplicemente di emozioni, perché  seguivo l’ispirazione momentanea, l’istinto e ciò che mi colpiva in quel momento, in  questo modo io ho scoperto persone, luoghi e storie che mi hanno insegnato a riabitare  lo spazio con più consapevolezza e perciò ho incontrato personaggi anche storici di  questa città che mi hanno aperto un mondo e la città ha iniziato ad avere il loro volto,  la città si è incarnata nel loro storia e nelle loro parole, anche nei loro occhi  molto spesso perché a volte non servono nemmeno parole, bisogna vivere il posto e sentirne  l’atmosfera, la magia e l’aria che si respira dentro un posto, così ho iniziato a condividerlo  su Instagram sperando che potesse essere utile ad altre persone che magari come me si sentivano  perse, non si sentivano più di appartenere per ritrovare anche quella italianità, quell’aspetto  culturale che ci accomuna, ed è nata una community bellissima di persone che non solamente  sono interessate a Roma ma a riscoprire questa meraviglia, e la meraviglia intesa alla maniera  aristotelica di principio di ogni sapere, quindi quel senso di stupore, anche quegli  occhi da bambino di fronte a qualcosa che non conosciamo e ci fa chiedere “perché è  così? Perché? Qual è il senso? Che cosa si nasconde dietro questo oggetto, questa  persona, questo posto?”, e quindi allenare sempre questa capacità di sapersi sorprendere  e stupire anche di ciò che noi diamo per scontato, perché veramente se lo spazio viene  interrogato, se ci mettiamo in relazione con lo spazio le risposte possono essere sorprendenti  e arricchire notevolmente la nostra esistenza, quindi Roma con Giuli è uno spazio di condivisione  che spero possa ispirare e aiutare le persone magari a vivere il luogo in una maniera più  autentica”.

 Simona: “bene, bene, mi collego a questa cosa che hai detto del senso di smarrimento no,  perché parliamo certo di italianità e del modo in cui gli italiani vivono i luoghi ma  come abbiamo già discusso le nuove generazioni stanno un po’ perdendo questa cosa perché  appunto con i social, con la tecnologia eccetera stiamo veramente distaccando sempre di più,  veramente staccando sempre di più il nostro corpo dallo spazio, cioè lo stiamo portando  fuori dallo spazio ed è una cosa questa che secondo me personalmente non va bene, ci dà  proprio quel senso di smarrimento che tu dici no, se non ci incarniamo e non apparteniamo  allo spazio e di conseguenza se non creiamo delle relazioni nello spazio, e le vecchie  generazioni di italiani secondo me possono davvero insegnarci tanto da questo punto di  vista, possono insegnarci davvero l’importanza del creare delle relazioni, delle delle condivisioni  tra persone, tra esseri umani all’interno dello spazio che abiti, e questo è un tratto  italiano dell’italianità certamente che purtroppo stiamo perdendo come nuove generazioni ma  che secondo me dovremmo recuperare, e proprio questo, questo concetto di relazione oltre  a tutti gli altri punti che abbiamo visto no del modo in cui gli italiani vivono in  luoghi, che poi questo concetto di relazione è in realtà secondo me collegato a tutti  gli altri concetti che vogliamo analizzare no, quindi per esempio al concetto di conduzione  familiare no, perché è un’altra caratteristica dei luoghi italiani, è comunque una relazione  quella, è comunque legato anche alla tradizione perché è un’altra caratteristica dei luoghi  italiani, anche quella è un altro tipo di relazione, quindi, quindi proprio con le interviste  che noi adesso andremo a fare, intervistando questi personaggi storici di Roma, che hanno  il volto di Roma, hanno delle caratteristiche dell’italianità, attraverso queste interviste  vorremmo cercare di incarnare appunto tutto quello che abbiamo detto finora nelle parole  di personaggi reali, e quindi di gente reale per le strade di Roma, e quindi adesso io  direi di alzarci, gambe in spalla e di andare a intervistare tutti queste belle persone  che abbiamo scelto, va bene?”.  Giulia: “siamo pronte, andiamo!”.

Saverio Lefevre: “questo negozio è nato nel 1888 dal capostipite perché è il nonno di  mia madre, ovvero il bisnonno di Amedeo che è tutta una trafila, infatti 5 titolari,  so’ 125 anni, una diciamo, una generazione so’ 25, 25 anni. E abbiamo un po’ sempre di  tutto, abbiamo avuto di tutto un genere di libri, antiquariato e moderni”.

Amedeo Lefevre: “la conduzione familiare aggiunge in più rispetto a qualsiasi altra cosa una  ovvia e naturale trasmigrazione di cultura, sapere, interessi ma anche conoscenze non  solo culturali ma anche di persone che passano da generazione a generazione, direi quasi  in maniera osmotica, nel senso che poi ti ci trovi dentro e le respiri ecco in sostanza”.

Sandro Fiorentini:” quello che ho fatto non è merito mio, l’impronta di questa bottega  è mio padre, e quindi ha cominciato a riempirla di libri, ha cominciato a riempirla di scritte,  ha cominciato a riempirla di oggetti e io non ho fatto altro che seguitare quello che  lui ha pensato e ha fatto, ho solo rubato con gli occhi 50 anni perché ho visto lui  che faceva, lui che scriveva, mio padre era un grosso esperto di materiali antichi, per  me è stato facile, dopo che lui non c’era più io esattamente ho fatto quello che lui  faceva, meglio peggio non lo so, ripeto non è merito mio. Io ho continuato la tradizione  del mangiare, io ho continuato la tradizione dello scrivere sui sassi, mi fanno scrivere  di tutto e di più, io ho continuato a essere un esperto di materiali antichi, però ho  imparato poco, quello che ho imparato l’ho imparato prima non adesso, la gente si meraviglia,  non si deve meravigliare, se tu vivi in una condizione dove tu hai immagazzinato eh sai,  dopo 50 anni tiri fuori”.

Saverio Lefevre: “è una conoscenza di questo mestiere che è tramandata, io da ragazzino  già adoravo i libri. Chi a casa, i nonni o il padre e la madre gli hanno lasciato,  ci sono libri, è più portato a leggere, e è più portato ad aggiornarsi, a migliorarsi,  ad acculturarsi ma se a casa non c’è neanche un libro, brutto segno!”.

Simona: “senza comunità non c’è cultura, anche andare, comprare tutto su Internet,  cioè tu ti distacchi completamente dalla vita del posto in cui vivi e così automaticamente  si frantuma la comunità, perché alla fine la comunità è fatta anche di questo cioè  di persone che si incontrano e che come dire comprano servizi uno dalle altre sostanzialmente,  quindi staccandoti da questo si distrugge anche la comunità e di conseguenza svanisce  anche la cultura”.

Amedeo Lefevre: “è l’aspetto deteriore della globalizzazione, mettiamola così, che ha  tanti lati positivi perché sei più vicina con tutto il mondo e prima questo non c’era  però è anche vero che spersonalizza molto. Oggi molti dei negozi piccoli, il mio caso  è un po’ particolare ma comunque, molti dei negozi piccoli stanno in difficoltà perché  sono schiacciati da Amazon o cose simili perché la gente che fa, va nel negozio, si prova  le scarpe, poi non le compra perché le troverà su Amazon a un prezzo più basso, magari di  un 10%, neanche di queste cose clamorose, e tu hai perso tutto il valore aggiunto cioè  quello che abbiamo detto fino adesso cioè il rapporto con la persona a cui chiedi, oltre  al fatto che tu le provi e vedi se ti stanno bene che non è una banalità, poi una volta  che tu lo sai che ti stanno bene te le compri su Internet, ma se poi quel negozio chiude  tu quel servizio non ce l’hai più”.

 Simona: “se tu vai a vedere le vecchie generazioni cioè ripeto mia nonna inconcepibile il fatto  di andare a comprare su Internet no, perché lei dice sempre “ma cos’è, i fantasmi?”,  cioè per lei tutto quello che è sul cellulare è i fantasmi okay, parla di fantasmi mia  nonna, allora dice “no io devo andare dalle persone, io voglio parlare con le persone,  voglio vedere la cosa che sto comprando, la voglio toccare”.

Saverio Lefevre: “attraverso il computer si può arrivà da tutte le parti anche stando  a casa ma è diverso, la gente viene, guarda, un cliente mio una cinquecentina su Amazon  non la comprerebbe mai. La va a guardare, gli fa la corte come fosse una bella ragazza,  gli fa la corte a questo libro e poi dice che faccio, lo alliscia, lo alliscia e lo  rimette a posto, dopo una settimana ritorna, riguarda, alliscia, poi qualcuno è fregato  perché l’ho venduto”.

Simona: “e ma non solo questo, lei dice sempre “voglio parlare con le persone, voglio vedere  le persone” e qui vedi anche no questo tratto di italianità che noi nuove generazione un  po’ magari stiamo perdendo ma che comunque secondo me caratterizza molto il modo in cui  gli italiani no magari anche molto più ripeto quelli tradizionali vivono il luogo”.

Amedeo Lefevre: “allora, l’italiano ha questo in più senz’altro, cioè l’idea di un rapporto  con le persone”.

Simona: “di fiducia, la relazione, ti dà il prodotto buono, lo conosci, vuoi vedere  le persone, vuoi parlare con le persone, questo è un tratto secondo me fondamentale del modo  in cui gli italiani vivono i luoghi”.

Sandro Fiorentini: “perché si viene qui, perché c’è un’altra aria, non è le 30,  i 50 euro della scritta, è proprio il rapporto che è diverso.  Qui non c’è interesse”.

Simona: “cioè, tu vai in quel posto perché conosci la persona e magari non so ce ne sono  tanti altri e magari anche migliori, ma non ti interessa in quel momento perché tu vuoi  andare in quel posto, conosci quel posto e dai fiducia a quel posto e quindi questa secondo  me è una cosa molto italiana, è un tratto molto caratteristico degli italianità il  concetto di fiducia”.

Saverio Lefevre: “io non c’ho clienti c’ho solo amici, se va a prende il caffè insieme,  qualche volta si va, con un gruppo ci si vede a cena, è diverso…”.

Simona: “e Giulia è diverso, è diverso…”.

Giulia: “è diverso?”.

Simona: “si, è diverso, punto!”.

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